Il Molise torna al centrodestra. Per il Pd è crollo
Regionali Donato Toma presidente della regione catapultata al centro della scena politica. M5S perde la sfida, ma è il primo partito
Regionali Donato Toma presidente della regione catapultata al centro della scena politica. M5S perde la sfida, ma è il primo partito
E’ Donato Toma il nuovo governatore del Molise. Il centrodestra, dopo la pausa di una legislatura, riconquiista questa piccola regione in cui ha imperato per decenni. In definitiva, è un ritorno al passato. Il candidato presidente del centrodestra ha conquistato il 43,46% delle preferenze, con 73.229 voti. Netto il vantaggio sul concorrente più temibile, l’esponente del Movimento 5 Stelle, Andrea Greco, che si ferma al 38,50% e a 64.875 voti. Staccato nettamente il candidato del centrosinistra, Carlo Veneziale, al 17,10%, con 28.820 voti; Agostino Di Giacomo, di CasaPound, ottiene lo 0,42%.
ERANO CHIAMATI alle urne 331 mila elettori, di cui 78.025 residenti all’estero che però, diversamente da quanto accade per le politiche, alla tornata regionale non potevano votare per corrispondenza. L’affluenza definitiva è stata del 52,17% (a Campobasso ha votato il 62,69%, a Isernia il 59,67%) contro il 61,63% del 2013, ma allora si votava in due giorni e in contemporanea con le elezioni politiche. A conti fatti vince l’astensionismo.
Alla fine di una estenuante e combattuta campagna elettorale il centrodestra esulta; il Movimento 5 Stelle di meno. Il Molise negli ultimi tempi pareva essere diventato l’Ohio de’ noantri, cioè il posto grazie al quale si sarebbero decise in qualche modo anche le sorti del nuovo governo nazionale. Ma così non è: lo stallo romano tale è e tale, almeno al momento, rimane. Anche se Giorgia Meloni, a conclusione degli scrutini, prova a buttarla lì: «Indicazione chiara per Mattarella». A rincarare il messaggio – diretto però a Matteo Salvini, più che al Colle – è Silvio Berlusconi: «Dal Molise parte un segnale nazionale importante: il centrodestra unito si conferma prima forza politica del Paese, l’unica attraverso la quale potrà nascere il futuro governo, siamo pronti ad andare a Palazzo Chigi. Altre impervie strade tradirebbero il mandato degli elettori. Il voto di domenica è un nuovo fondamentale tassello per risolvere il puzzle dell’esecutivo, e i cittadini molisani hanno confermato quanto emerso dopo il 4 marzo». Anche se a Salvini stavolta non è riuscito il sorpasso su Forza Italia. «Gli elettori ci hanno dato fiducia, il Molise ha dato un segnale al centrodestra: bisogna restare uniti e mediare per fare un governo», incalza fresco di elezione il neo governatore Donato Toma.
COMMERCIALISTA, già in passato prestato alla politica, con una grande passione per la chitarra, Toma, sessant’anni, è stato eletto con l’ausilio di 180 candidati messi complessivamente in campo dalla coalizione e con l’appoggio di nove liste: Popolari per l’Italia, il Popolo della famiglia, Fdi, Movimento nazionale per la sovranità, Lega Salvini Molise, Fi, Molise Udc, Orgoglio Molise e Noi per l’Italia Iorio per il Molise. « Sarò il presidente di tutti – le sue prime parole – . Abbiano fatto comprendere alla gente che la protesta da sola non bastava e abbiamo messo sul piatto delle soluzioni. I cittadini lo hanno capito e ora tocca a noi. Dobbiamo far uscire la nostra regione dal pantano, sburocratizzando e realizzando infrastrutture per modernizzare e creare occupazione».
Il centrodestra ha accresciuto i propri consensi di 23.350 voti, corrispondenti a un incremento di 17,8 punti percentuali rispetto alle regionali del 2013. Questo balzo in avanti è dovuto soprattutto all’incursione in questa terra della Lega, che ottiene quasi 12mila voti (pari all’8,2%), e al buon successo registrato dalle componenti «minori» dello schieramento. Al contrario, il partito del cavaliere, pur restando avanti a quello di Salvini, ha avuto un arretramento di 3.683 voti, che equivalgono a -0,9 punti percentuali (da 10,3% nel 2013 al 9,4 del 2018).
I 5Stelle, pur non essendo riusciti a agguantare la loro prima presidenza di regione, sono il primo partito e rispetto al 2013 crescono di ben 21,7 punti percentuali. «Un risultato storico», commenta Andrea Greco, ma non basta, perché il sogno era appunto quello di riuscire a conquistare la poltrona più alta.
PER IL CENTROSINISTRA, e in particolare per il Pd, l’emorragia pare inarrestabile: è lo sconfitto per antonomasia. Le liste della coalizione nel 2013 avevano raccolto 84.141 voti (pari al 50,2%), mentre oggi possono contare soltanto su 27.313 voti (il 18,8%). Nel giro di cinque anni, il centrosinistra ha dunque perso 56.828 elettori, con un crollo corrispondente al 31,4%. E il Partito democratico si ferma al 9%.
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