La pandemia ha portato alla luce gli squilibri del modello sanitario lombardo, che ha privilegiato la sanità privata a danno di quella pubblica e i grandi ospedali rispetto ai servizi territoriali. È un processo esploso nell’era Formigoni, proseguito in quella di Maroni e oggi difeso dall’attuale governatore Fontana.
«Mentre nell’ambito della medicina ospedaliera probabilmente la Lombardia è la migliore regione in Italia, gli indicatori che valutano i livelli essenziali di assistenza e che tengono conto anche della sanità territoriale vedono la Lombardia al quinto o sesto posto, superata da regioni come Toscana, Emilia-Romagna o Veneto».
Il territorio è stato trascurato?
In questi anni i cittadini hanno visto chiudere poliambulatori, servizi di riabilitazione, punti di prelievo. Spesso sono stati accorpati servizi territoriali di territori diversi sotto lo slogan dell’efficienza. La riforma della sanità regionale del 2015 ha portato da una quarantina di Asl a 8 Aziende di tutela della salute (Ats) e a 27 Aziende Socio-sanitarie Territoriali, tagliando servizi costringendo pazienti, magari anziani, a spostarsi da una città all’altra. L’assistenza territoriale invece ha bisogno di una sanità di prossimità.
Così si arriva a medici di base con 1.400 assistiti ciascuno, la media più alta d’Italia?
Questo è un problema di cui soffrono tutte le regioni. Ma la Lombardia poteva spingerli ad associarsi, come prevedeva la legge Balduzzi del 2012, mai implementata dalla regione. Così, durante la fase acuta dell’epidemia, se il tuo medico di base aveva il Covid, non ne avevi un altro a cui rivolgerti.
I medici di base che si sono ammalati sono stati tanti.
Sono stati poco assistiti dalle Ats che hanno fornito in ritardo i dispositivi di protezione. Sono arrivate tardi anche le Unità speciali di continuità assistenziale che dovevano aiutarli con l’assistenza a domicilio dei pazienti, che pure erano previste da un Dpcm nazionale. La Regione consigliava ai malati di rimanere a casa e chiamare il 118 in caso di peggioramento. Invece, i medici di base avrebbero dovuto poter attivare subito l’assistenza domiciliare, per evitare l’arrivo negli ospedali di malati già compromessi con la conseguente carenza di posti di terapia intensiva.
Lo squilibrio a favore della sanità privata in Lombardia ha radici profonde.
La riforma del 1997 voluta da Formigoni da poco eletto governatore è stata decisiva in questo processo. Quella legge sanciva la libertà di scelta per l’assistito tra sanità pubblica e quella privata che negli anni si è espansa senza un criterio territoriale. Senza una vera programmazione della sanità in Lombardia, chi voleva costruire un ospedale lo ha potuto fare e ha ottenuto la convenzione. Per questo a Milano oggi abbiamo tantissimi ospedali privati, mentre in altre province non è così. Siamo arrivati al paradosso di 34 reparti di cardiochirurgia in tutta la Lombardia, un numero pari a quello di tutta la Francia. Perché le cardiochirurgie sono remunerative, per un’operazione al cuore la sanità pubblica versa agli ospedali privati anche 25-30 mila euro. La torta da spartirsi non è infinita, quindi le risorse assorbite dalla sanità privata sono state necessariamente sottratte a quella pubblica.
Dopo le vicende giudiziarie, iniziò l’era Maroni. Cambiò qualcosa?
Maroni volle dare un segnale di discontinuità, ma più nell’apparenza che nella realtà. Il segnale portò alla riforma sanitaria del 2015, che conteneva alcuni correttivi. In quella riforma si parlava molto di territorio ma i provvedimenti in questa direzione non sono mai stati attuati davvero. Si istituirono i Presst (Presidi sociosanitari territoriali), i Pot (presidi ospedalieri territoriali), le Asl diventano Asst (Aziende sociosanitarie territoriali). Ma tutte le “T” di queste sigle sono rimaste sulla carta. Presst e Pot non sono mai stati realizzati, se non in pochi casi. Le Asst sono diventate le nuove aziende ospedaliere. I direttori generali che dovrebbero governare la sanità del territorio oggi hanno i loro uffici negli ospedali, che ovviamente hanno risucchiato la loro attenzione a danno del territorio.
L’espansione della sanità ospedaliera è stata funzionale all’espansione del settore privato?
Certo, perché il sistema di rimborso rende più attrattivi gli ospedali rispetto ai servizi sul territorio. Ma anche i vuoti aperti nella sanità territoriale hanno spianato la strada all’investimento privato. In molti casi, i poliambulatori sul territorio sono legati agli stessi gruppi ospedalieri privati. In questo modo gli assistiti vengono convogliati all’interno del settore privato in tutto il percorso, dalla prima visita al ricovero.