Il punto ammirativo è dal ponte che scavalca, attraversa parte della città, ma invece di unirla, la divide inesorabilmente. Ci sono scelte urbanistiche che finiscono col ghettizzare. Quel ponte, voluto da Gioacchino Murat per facilitare l’accesso alla Reggia di Capodimonte, generò una frattura tra la città e il rione, che divenne periferia insaccata, quasi nascosta da cui davvero difficile è risalire, emergere. L’ambizione è spesso quella di emigrare, andare lontano, al di là del ponte.

Le catacombe
Il rione Sanità ci riporta alla sfera del mistero. Non sappiamo fino in fondo quello che scorre sotto al ponte, così come nella vita. Percorrendo i vicoli, i cunicoli, le pietre, si sprofonda nei meandri più antichi della storia: le Catacombe sono un monumento che risale al III sec. a.C., luoghi di sepoltura, poi rifugio per le prime comunità cristiane che si riunivano clandestinamente a pregare. Presso la cavità, (catà cumbès), si apre uno spazio interno che, per la stessa natura della struttura generata dalla sottrazione della materia, rievoca luoghi interiori che, integrandosi in un ambiente multiforme, trasferiscono da una storia all’altra, in continuità tra vita e morte, ombre e luci, contrasti profondi. Andando ancora a ritroso nella storia, sembra che originariamente le cave fossero utilizzate per l’estrazione del tufo e la costruzione di quella città che tiene insieme condizioni spaziali continuamente sorprendenti e contrastanti.

Eppure questo monumento per tanti anni è stato trascurato e abbandonato dagli stessi settori del Vaticano che lo amministrano. Difficilmente accessibile alla città, era lasciate al degrado, fino a quando Don Antonio Loffredo e i ragazzi della Sanità, costituiti nella Cooperativa la Paranza e poi nella Fondazione San Gennaro, lo hanno preso in gestione e, grazie al sostegno de L’altra Napoli ONLUS e di Fondazione con il Sud, lo hanno radicalmente rigenerato.

Le Catacombe adesso sono uno dei luoghi più visitati dello straordinario patrimonio storico-artistico di Napoli e, non solo portano ad avventurarsi nel profondo della storia della città e dell’umanità, ma fanno emergere una coscienza sociale sulla necessaria valorizzazione di beni culturali mediante il metodo partecipativo, cooperativo e l’organizzazione comunitaria dal basso.

Le pietre scartate
Narrazioni, testimonianze, vicende di questa storia sono raccontate ne Il sistema Sanità – Le Pietre Scartate. Le immagini, il ritmo del docufilm, diretto da Andrea De Rosa e Mario Pistolese, e disponibile on demand su Sky Arte, scorrono sotto e sopra quel ponte, percorrono il confine tra emarginazione ed emancipazione, evocano sensazioni di elementi immutati, come l’odore profondamente impregnato di umido emanato dalla pietra antica del tufo che, testimone del passar dei secoli, contrasta con il continuo movimento delle azioni educative. Si percepisce la fatica di questo movimento, si avverte l’impegno fisico e intellettuale nell’affrontare questa sfida. Percorrere gli scalini, uno ad uno, uno dopo l’altro: qualche passo ancora e si vedranno le luci della città.
Parti del Docufilm, integrate da approfondimenti di ambito archeologico, filosofico, artistico, educativo confluiscono nel corso on line «Le Catacombe di Napoli» accessibile dal 27 Maggio su Federica Web Learning, centro dell’Università di Napoli Federico II per l’innovazione, la sperimentazione e la diffusione della didattica multimediale. Si tratta di un formato innovativo di un Mooc (Massive online open course) che integra lo stile documentaristico con quello scientifico e divulgativo e, mediante percorsi multimediali, ci accompagna attraverso la storia delle Catacombe per svelarne il percorso di rinascita e riscatto educativo. Così si esprime il regista, Andrea de Rosa: «L’esperienza del rione Sanità è un patrimonio che sta dimostrando una solidità ed efficacia tale da meritare anche un riconoscimento accademico. Lo abbiamo fatto attraverso una sperimentazione in tema di linguaggi audiovisivi: un documentario girato per essere anche un corso universitario: un docuMooc».

Illuminazioni
«Alla fine di alcuni di questi lunghi passaggi, ci sono inaspettati scorci di luce solare che brillano dall’alto», testimoniava Charles Dickens descrivendoci le penombre delle Catacombe. Il chiaroscuro è stato valorizzato dall’impianto di illuminazione realizzato dai ragazzi del quartiere organizzati nella cooperativa Officina dei Talenti: la tecnologia LED preserva il patrimonio pittorico da radiazioni infrarosse e ultraviolette e costituisce un modello di avanguardia a livello europeo. Anche grazie all’illuminazione, il sito archeologico è adesso integralmente accessibile. Un passaggio chiave è stata la riapertura della Basilica di San Gennaro che permette di collegare le Catacombe al rione Sanità, in una visione integrata con la città.

L’abbattimento delle barriere architettoniche ha reso l’accesso inclusivo, per tutti. È stato creato l’ingresso per disabili a livello strada e, in collaborazione con l’Università Suor Orsola Benincasa, costituito un percorso per visitatori ipovedenti e non vedenti.

Nel quartiere, rumori, ritmi e voci, come flussi energetici si incontrano, rimbalzano, rimbombano e fanno eco nel tufo. Poi il suono di un violino emerge dolcemente dal basso e acquieta i sensi. Lo imbraccia Aloka, un ragazzo dell’orchestra giovanile Sanitansamble. La musica ha cambiato il suo modo di pensare, gli ha insegnato la pazienza, a non voler tutto subito.

Il metodo, ispirato dal maestro Jose Antonio Abreu, ha portato i ragazzi a calcare scenari prestigiosi, come quello del Teatro San Carlo, e a farlo senza competizione, ma con il principio di mettersi a disposizione gli uni degli altri.
Accade che queste storie di solidarietà crescano sotto i pilastri di quel ponte che affonda i piedi in un fazzoletto di terra dove l’enorme pressione della criminalità fa leva su un’altissima densità di popolazione. Disoccupazione, violente guerre di camorra, microcriminalità, spaccio di droga dominano in un contesto in cui c’è solo una scuola elementare, manca l’asilo nido, non ci sono scuole medie superiori e la dispersione scolastica è altissima.

Un quartiere che soffre per carenza di istruzione, dove il lavoro sembra essere una chimera, ha dato esempio di rigenerazione urbana e sociale attorno ai beni comuni. Per favore, non scomodiamo i santi, non chiamatelo miracolo, magari organizzazione popolare, rete educativa, coesione sociale e, perché no, con le giuste proporzioni, resistenza: non sarà certamente una parola estranea ad uno dei quartieri che è stato protagonista delle quattro giornate di Napoli, facendo scappare i soldati tedeschi a gambe levate. In prima linea, Lenuccia, operaia antifascista nata alla Sanità, a cui oggi è intitolato il ponte.

Economia circolare
La capacità di organizzarsi, di fare solidarietà è nelle corde di questo quartiere e costituisce una forma di andare oltre la mentalità avida e distruttiva del capitalismo. Come testimonia Antonio Loffredo: «Siamo per un’economia circolare, non capitalista, un’economia della relazione, radicata nel concetto di pubblica felicità da Antonio Genovesi. Non può esistere solo l’economia che sposta i capitali in tutto il mondo, ma un’economia della relazione, l’incontro tra le persone. Per dire basta a questa economia che trita tutto e non fa emergere il valore più importante, che è la persona». Preoccupa che in questo circolo virtuoso di economia circolare e autorganizzazione popolare gli attori in gioco siano settori illuminati della Chiesa e del Privato Sociale e che non sia menzionabile dal punto di vista giornalistico nessun intervento significativo di carattere pubblico, se non passarelle simboliche di alte cariche dello Stato. Che questa esperienza possa essere motivo di riflessione politica anche in questo senso, altrimenti diverrebbe solo folclore parlare di modello del rione Sanità.