Stavolta il missile balistico sparato dai ribelli yemeniti Houthi verso gli Emirati arabi ha sorvolato gli Accordi di Abramo: il terzo lancio in appena un mese ha preso di mira il territorio emiratino mentre la petromonarchia ospitava il presidente israeliano Isaac Herzog, una prima assoluta resa possibile dalla normalizzazione ufficiale delle relazioni tra Stato ebraico ed Emirati, siglata nell’agosto 2020 a Washington sotto l’ala protettiva dell’allora presidente Trump.

IL MISSILE, lanciato all’alba di ieri, è stato intercettato e distrutto dalla contraerea di Abu Dhabi. I resti sono caduti in una zona non popolata, a differenza di quello del 17 gennaio scorso che aveva ucciso tre lavoratori migranti. La condanna, sul fronte filo-israeliano e filo-Golfo, è unanime: «Mentre il presidente israeliano è in visita per costruire ponti e promuovere la stabilità regionale, gli Houthi minacciano i civili», il commento del portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Ned Price.

Il presidente israeliano Herzog negli Emirati accompagnato dal principe Mohammed bin Zayed Al Nahyan (Foto: Ap)

«Chi testa gli Emirati, sbaglia», quello laconico ma ben più minaccioso di Anwar Gargash, consigliere del presidente ed ex ministro degli esteri emiratino (fautore degli Accordi di Abramo, ça va sans dire). Da parte sua, Herzog non se l’è vista brutta, lui che già a Dubai nel 2020 aveva usato l’Expo come palco per celebrare la normalizzazione con gli Emirati (a cui è seguita a stretto giro quella con Bahrain e Sudan).

A ricordarla al Medio Oriente ieri sono stati gli Houthi, che ormai prendono di mira gli Emirati tanto quanto l’Arabia saudita, i due pesi massimi e leader (seppur spesso rivali negli interessi sul campo) della coalizione sunnita che dal marzo 2015 bombarda lo Yemen per porre fine al controllo che Ansar Allah – braccio politico Houthi – mantiene su metà paese.

E se finora ogni tentativo di dialogo è miseramente naufragato, domenica Mohammed al-Bukhaiti, membro del politburo dei ribelli, su Twitter è tornato a indicare nell’Oman il luogo e il mediatore di un eventuale nuovo round di negoziati con il governo ufficiale yemenita, quello guidato dall’evanescente presidente Hadi e sostenuto da Riyadh.

ALTRIMENTI è guerra: «Se le parti che chiedono un intervento esterno – ha scritto Al-Bukhaiti – non rispondono agli appelli per la pace, proseguiremo con le nostre operazioni militari in casa e fuori finché l’ultimo centimetro di terra yemenita non sarà liberato».

E mentre in Yemen si continua a morire (377mila il più aggiornato bilancio delle vittime dal marzo 2015, di cui il 60% per fame e malattie), il principale sponsor degli Houthi – seppur senza mai rivendicare sostegno militare – si prepara a fare lo stesso viaggio di Herzog: a febbraio una delegazione commerciale iraniana guidata dal ministro dell’Industria, secondo quanto riportato dal Teheran Times, volerà ad Abu Dhabi per fare un po’ di business.

IN PASSATO non mancava: miliardi di dollari di interscambio bloccati nel 2018 dal ritorno delle sanzioni Usa. Con i missili Houthi verso Abu Dhabi, l’Iran manda il suo messaggio: basta ai rapporti con Israele. Che non a caso ha di recente offerto aiuto agli Emirati per dotarsi di un miglior sistema di difesa aerea.