Mentre l’ombra delle gru si allunga su Tor di Valle, e il Comune si mostra arrendevole con i palazzinari, si usa il pugno di ferro con le realtà associative cacciandole dagli spazi in concessione. Una concomitanza casuale? Come previsto, la temuta accelerazione sulla vertenza delle concessioni a fini sociali del patrimonio del Comune è avvenuta. È una partita che non si comprende se letta goccia a goccia nello stillicidio degli sgomberi. Rivela la sua portata solo se valutata nel suo complesso: centinaia e centinaia (circa 800) di realtà territoriali che da decenni operano nella cultura e nel sociale a Roma rischiano di essere definitivamente spazzate via in nome di una legalità formale che vuole sanare la mala gestio del passato facendo tabula rasa in base alle diffuse irregolarità burocratiche e senza minimamente prendere in considerazione l’interesse pubblico delle attività ospitate negli spazi.

Ieri è arrivato l’ordine di sgombero al Centro culturale curdo Ararat, il giorno prima sono stati messi i sigilli al Rialto e al Teatro dell’Orologio, prima ancora all’Init, al Circolo Arci di Casal Bruciato, al Brancaleone e all’Alexis. E in coda ci sono circa 200 determinazioni di sgombero che attendono l’esecuzione. Questo processo, il cui impulso principale arriva dalla Corte dei Conti, letto nel suo complesso non è altro che un’ulteriore deturpazione del volto di questa città, e uno scivolamento definitivo verso un modello di governo che abbandona a loro stessi i territori e sottrae sovranità agli enti locali per ridurli a meri esecutori di politiche di privatizzazione, austerity e securitarie.

Questo è il disegno che va compreso, e che investe anche la questione urbanistica, che sta procedendo oltre il già deteriore modello dell’urbanistica contrattata: non c’è neanche più nulla da “contrattare”, il privato comanda indisturbato le trasformazioni della città e il pubblico non può fare altro che utilizzare i palazzinari come un bancomat svendendogli il territorio per speculazioni impresentabili.

E la giunta Raggi? Sembra non capire i nodi politici che si trova tra le mani, e procede perciò senza linea cercando di limitare i danni. Anche se non tutto torna nelle ultime vicende del Patrimionio. Forse perché la radicalità dei problemi romani sta mettendo in crisi il governo pentastellato che cerca di non assumere posizioni troppo radicali di fronte a un elettorato trasversale. Tutto si è svolto infatti in modo anomalo. Prima arriva una mozione votata all’unanimità dal Consiglio che va proprio nella direzione opposta agli sgomberi, invitando la giunta e il sindaco a una sospensione delle riacquisizioni nelle more della definizione del nuovo regolamento di gestione.

Un’anomalia nell’anomalia. Cioè i grillini non solo votano con le opposizioni, cosa che accade solo per questioni secondarie, ma votano col Pd per tutelare quelle realtà che secondo la vulgata mediatica, condivisa da non pochi nel movimento, rappresentano i frutti avvelenati del suo sistema di potere clientelare. Pochi giorni dopo arriva lo sgombero su impulso del Dipartimento Patrimonio del Rialto, un centro culturale dal forte peso simbolico in città in quanto ospita varie realtà di prima grandezza, tra cui quel Crap (coordinamento romano acqua pubblica) che rappresenta il nesso più forte tra i 5 Stelle e i movimenti romani. Dal Crap viene, infatti, la parlamentare M5S Federica Daga, ad esempio.

È davvero tutto casuale? L’assessore Mazzillo incontra i movimenti dopo lo sgombero e si difende dicendo che lui non sapeva che gli uffici avessero richiesto l’esecuzione. Bisogna credere a lui immaginando che qualcuno muova gli uffici a sua insaputa? O si deve ipotizzare un conflitto tra Giunta e Consiglio su questi temi? E a prescindere dalle dietrologie, appare davvero difficile capire come si verrà fuori da questa situazione, con gli uffici paralizzati o condizionati dalla Corte dei Conti e la giunta che nella migliore delle ipotesi non ha una linea su queste questioni decisive, o peggio è alle prese con una guerriglia interna al Movimento 5S e chi reclama maggiore democrazia interna, valori ambientali, protagonismo civico.

La memoria di Giunta che dovrebbe recepire la mozione del consiglio, promessa per ieri da Mazzillo, non è ancora arrivata. Anche se l’assessore ha già messo le mani avanti: può non bastare a fermare procedimenti amministrativi già avviati. Non resta che sperare nel protagonismo di quei movimenti che non resteranno a guardare.