Anni Sessanta, la città si espande. Le colate di cemento invadono spazi, le condizioni degli abitanti non interessano né ai privati né agli enti locali. Scampia, Napoli, via Monte Rosa, la storia del Gridas – Gruppo risveglio dal sonno è anche la storia di come il territorio si sia organizzato dal basso e di come la burocrazia e la legge abbiano provato a soffocarlo. L’associazione venne fondata nel 1981 da Felice Pignataro, «il muralista più prolifico del mondo» secondo il critico Ernst H. Gombrich. «Il rione era nato bene – ha raccontato Mirella La Magna, moglie di Pignataro e compagna di avventura -, c’erano le pinetine, gli anfiteatri per gli spettacoli e le zone per far giocare i bambini. Con la costruzione del nuovo quartiere Ises a Secondigliano, parte della cosiddetta 167, le cose sono cambiate. Le case non finite vengono occupate dai baraccati, utilizzati come paravento per non ultimare i lavori. Così lo stato se n’è lavato le mani ed è cominciato il degrado».

1981, NEL CENTRO SOCIALE arrivano i terremotati, che si stabiliscono al piano superiore fino al 1987: «Noi continuavamo a fare le nostre riunioni di sotto, avevamo due giorni fissi, il martedì e il venerdì» ricorda Mirella. Quando gli ultimi occupanti vanno via, lasciando la struttura a pezzi, Felice Pignataro decide che è arrivato il momento di ristrutturare tutto per aprire il centro al quartiere. Da allora il Gridas ha rinnovato più volte l’edificio: completamente risistemato il pianterreno, dopo l’incendio nel 1988, riasfaltato il tetto, rifatto gli infissi senza alcun contributo pubblico. «Dal 1991 al 2004, anno della sua morte, Felice ha provato a regolarizzare la situazione, abbiamo montagne di lettere senza risposta. Iacp non può dire di non sapere chi siamo e cosa facciamo».

IL TRIBUNALE CIVILE di Napoli lo scorso 24 febbraio ha stabilito che il Gridas deve lasciare gli spazi e pagare circa 10mila euro di spese legali, la sua è un’occupazione abusiva. Un’occupazione abusiva di un centro che è un vanto dell’intera città, produce cultura, senso civico e aggregazione. E va avanti alla luce del sole da 41 anni: qui sono nati il carnevale di quartiere, dragoni, maschere, canti e tamburi in giro per i vialoni di Secondigliano, il cineforum gratuito ogni settimana, laboratori di creatività manuale, base di partenza per la realizzazione di oltre 250 murales in ogni parte d’Italia, ma anche punto di riferimento per altre realtà di Scampia come la banda di quartiere, l’associazione Chi rom…e chi no, il centro territoriale Mammut, qui è nato un segmento del progetto Arrevuoto, in collaborazione con il Teatro Stabile di Napoli.

NEL 1965 L’INA-CASA acquista l’area per realizzare l’immobile, nel 1975 la Gescal consegna l’edificio all’Iacp (dal 2019 è subentrata Acer). Per trent’anni la proprietà si disinteressa del tutto della struttura che, senza il Gridas, sarebbe finita in abbandono. Nel 2005 però ha un sussulto e ne chiede la restituzione. La prima causa, penale, finisce in un buco nell’acqua: il giudice nel 2013 stabilisce che il fatto non sussiste. E allora Iacp ci riprova nel 2015 con la causa civile. Un ente regionale che si accanisce su un’associazione che svolge, su un territorio abbandonato dal pubblico, le funzioni che il pubblico non svolge. Un territorio che è stato il supermarket della droga con una prima e poi una seconda faida di camorra, 128 i morti tra il 2004 e il 2012: «La verità è che abbiamo preservato un bene pubblico, senza di noi sarebbe stato solo l’ennesima base di spaccio».

C’ERA UNA SOLUZIONE? Nella sentenza penale di assoluzione si legge: «Il Gridas aveva in numerosissime occasioni richiesto la regolarizzazione della situazione e, dopo infiniti incontri tra lo Iacp e il comune, nel novembre 2010 si era giunti all’accordo che il comune avrebbe acquisito, concedendo in permuta altri beni, i locali con l’intenzione di concederli in comodato d’uso o in locazione al Gridas (vedasi documentazione allegata dalla difesa) ma poi la situazione si era arenata in quanto lo stabile non risultava accatastato. Successivamente fino al 2012 erano stati anche effettuati vari rilievi per l’accatastamento ma poi non aveva saputo più nulla della situazione».

NEL 2010 l’allora sindaca Iervolino riunì il tavolo tecnico e così venne fuori che l’immobile non era accatastato, Iacp aveva una documentazione vecchia e inaccurata, i suoi responsabili dissero che non erano in grado di dare un valore al bene (o non vollero) impedendo di fatto la permuta. Nella recente sentenza del tribunale civile si legge: «Lo stesso comune di Napoli era intervenuto nella vicenda, formulando una proposta transattiva che prevedeva una permuta a favore dell’Iacp dell’immobile occupato con altro immobile di proprietà del comune, proposta che non veniva accettata, rilevando che il bene offerto poteva ben essere utilizzato dall’associazione convenuta per l’esercizio delle proprie attività». La proprietà non ha mai saputo cosa farsene della struttura fino al 2005 ma ad andare via doveva essere il Gridas.

A VIA MONTE ROSA non si arrendono, gli avvocati studiano il ricorso mentre riparte la mobilitazione perché «il Gridas non si tocca» e questa non è mai stata solo una questione legale ma politica. Il sindaco Manfredi ha convocato un tavolo tecnico con regione e Acer, ennesimo round con la terza amministrazione comunale. Martina Pignataro, figlia di Felice e Mirella, racconta: «In 40 anni la partecipazione è cambiata ma la struttura è sempre rimasta un centro sociale dove si riuniscono tutte le realtà che lo vivono e lo popolano senza alcun lucro personale. Nel 1981 era l’unica realtà di Scampia, oggi il quartiere è pieno di associazioni, alcune sono nate dal Gridas e poi hanno intrapreso un loro percorso. Lo stesso carnevale non è più il carnevale del Gridas ma il corteo del carnevale sociale di Scampia perché sono tanti i gruppi che fanno laboratori, lavorano con le scuole e i ragazzi. Ma il tessuto sociale resta legato al Gridas e i più giovani arrivano da noi per sentire Mirella raccontare com’è nato il quartiere e la nostra storia collettiva».