Più che sblocca-cantieri è uno «sblocca porcate». Il decreto del governo punta a favorire i subappalti, a ridurre i controlli e le prescrizioni e a favorire le gli affidamenti diretti senza bandi di gara.
L’ultima versione del testo – ancora non definitivo – prevede che le imprese potranno dare in subappalto fino al 50% dei lavori per cui hanno ottenuto la commessa. Il testo, che potrebbe avere bisogno di un ulteriore passaggio in Consiglio dei ministri prima di essere pubblicato, viene definito uno «sblocca-porcate» dalla Cgil, che punta il dito anche contro un’altra serie di ritocchi sugli appalti. Cambiano anche i poteri dei commissari che rimangono comunque più di uno, secondo le «priorità» che saranno individuate.

LA SOGLIA PER I SUBAPPALTI è ora al 30 per cento ed è stata la Lega a spingere per alzarla senza opposizione dal M5s. Una ulteriore «porcata» riguarda il fatto che in caso di consorzi, i lavori affidati a «propri consorziati» non vadano considerati subappalti.

In più viene alzata da 150mila a 200mila euro il tetto massimo per assegnare gli appalti con procedura negoziata e invito ad almeno tre operatori, secondo la formula introdotta per la prima volta quest’anno con la legge di Bilancio. Un’altra modifica, considerata una «semplificazione positiva» dal governo, è lo «smantellamento» delle griglia e le soglie e conseguente obbligo di inviti per le procedure negoziate di importo superiore a questa soglia. Oltre i 200mila euro il decreto prevede infatti l’obbligo di procedere con gara (procedura aperta), ma con aggiudicazione al massimo ribasso – l’anticamera del taglio di salari e diritti per i lavoratori – e esclusione delle offerte anomale per snellire le procedure. Una norma difesa direttamente dal ministro delegato al tema Danilo Toninelli: «Io penso che sia positivo non solo l’aumento fino al 50%, ma che sia la stazione appaltante che valuta, di volta in volta, le percentuali necessarie da applicare come e per un subappalto».

GLI AFFIDAMENTI DIRETTI rimangono per gli appalti fino a 40mila euro. Fino a 200mila euro si seguirà la procedura negoziata con consultazione di almeno tre operatori. Si cancella la previsione di consultarne 15 per i lavori tra 150mila e 1 milione, mentre si prevede per tutti gli affidamenti tra 200mila e la soglia comunitaria (5.440.000 euro) la procedura aperta (presentazione delle offerte in 35 giorni, in 20 se le amministrazioni pubblicano un «avviso di preinformazione»). Resta l’esclusione automatica delle offerte al ribasso oltre la soglia di anomalia. Sebbene i commissari non potranno più agire in deroga alle norme su tutela ambientale e paesaggistica e dei beni culturali, si prevede però che il silenzio-assenso scatti dopo 60 giorni dalla richiesta di parere, visto o nulla osta, mentre vengono dimezzati i termini per i procedimenti in materia ambientale.

VENGONO DI NUOVO CHIAMATI in causa i tempi che le sovrintendenze impiegano per autorizzare i lavori, in questo caso dei privati. Dopo le rimostranze del ministro Alberto Bonisoli sono stati introdotti del paletti: la risposta deve arrivare in 90 giorni, anziché in 120, ma i tempi si allungano se vengono chiesti chiarimenti, elementi integrativi o accertamenti tecnici.

«L’ULTIMA VERSIONE dello sblocca cantieri che conosciamo non fa ripartire i cantieri e rischia di rendere ancora più facile l’illegalità nella gestione degli appalti. E peggiora i diritti», attacca il segretario generale della Cgil Maurizio Landini: «C’è un peggioramento inaccettabile sui subappalti e non solo».

Con questo decreto «non c’è alcuno sblocco di cantieri e non si incide sui tempi. Bisogna delegiferare, non aggiungere ulteriori leggi», attaca il segretario generale della Uil Carmelo Barbagallo. «Bisogna far ripartire immediatamente» le opere, così come la crescita del Paese, ha aggiunto Barbagallo, rimarcando che i sindacati sono pronti a «continuare a mobilitarsi», conclude Barbagallo.

I sindacati avevano incontrato Conte il 15 marzo, giorno dello sciopero generale degli edili, proponendo le loro idee in materia ma subito avevano criticato la mancanza di un testo.