Ecco, certamente bloccare le trivelle nei mari e nei territori del nostro Paese era un’emergenza degna di un decreto. Eppure nel Decreto Emergenze di ottobre scorso si è riusciti ad infilare due bei condoni edilizi.

Una norma «spargifanghi» e zero per contrastare il mutamento climatico ed uscire dall’era dei fossili. Va bene, facciamo finta che ci fossero altre priorità (uniche vere erano ricostruire il Ponte Morandi ed aiutare le popolazioni colpite dal terremoto), se ne poteva riparlare nella legge di bilancio eppure lì nulla di nulla. I sussidi pubblici e gli sgravi alle attività dannose per l’ambiente sono rimasti lì, intatti.

Come prima l’economia fossile dorme sonni tranquilli. Neanche la Befana ci ha regalato una legge a tutela dell’ambiente, in sei mesi di Governo molti annunci e pochi fatti se non la certezza che le trivelle stanno per aumentare la loro potenza di fuoco nei nostri mari. È un po’ debole come argomento dire che le concessioni su terraferma e i nuovi permessi di ricerca nel Mar Ionio accordati dal Mise di Di Maio e riportati nel Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle geo risorse di fine dicembre siano responsabilità dei passati governi.

I passati governi hanno certamente molte responsabilità e la ferita del referendum antitrivelle del 2016 è ancora viva: lì iniziò il tracollo di consensi per l’esecutivo Renzi che nell’interesse degli affari delle compagnie petrolifere boicottò letteralmente il referendum ed architettò una potente azione di disinformazione. Fino a giungere al famoso «ciaone» con cui i dirigenti del Pd salutarono il non quorum referendario e si avviarono clamorosamente verso la sconfitta del 4 dicembre 2016 (questo purtroppo non gli impedisce in questi giorni di rivendicare quella pagina dimostrando di non aver capito neanche la lezione del 4 marzo 2017).

Proprio perché le responsabilità del passato ce le ricordiamo bene sappiamo altrettanto chiaramente che molto si poteva e si può fare per cambiare strada e se non lo si fa si è responsabili fino in fondo politicamente. Basta nascondersi dietro i funzionari e le manine dei ministeri! Se il governo giallo-verde (anche il Veneto di Zaia si spese moltissimo contro le trivelle in Adriatico) volesse mantenere fede alla loro promessa elettorale di fermare le trivellazioni basterebbero tre semplici mosse: 1. varare una moratoria di due anni sulle nuove attività petrolifere, 2. reintrodurre il piano delle aree come strumento di programmazione delle attività estrattive e per rafforzare il ruolo delle Regioni e delle comunità interessate, 3.vietare l’uso dell’ airgun, tecnica che provoca gravi danni in particolare ai cetacei e alla pesca. Proposte semplici avanzate anche dal Coordinamento No-triv e che personalmente avevo rilanciato con emendamenti alla Legge di Bilancio.

Peccato che l’emendamento con cui chiedevo la reintroduzione del Piano delle aree è stato dichiarato inammissibile, mentre quello con cui proponevo di alzare al 20% le royalties per l’estrazione di idrocarburi e gas sia in mare che sulla terraferma non è neanche stato posto in votazione. Sulla questione airgun poi ho già depositato una proposta di legge per vietare l’uso di questa tecnica ad alto impatto ambientale nella ricerca di idrocarburi, sarei contenta se il governo volesse farla sua. Non bloccare gli idrocarburi in un periodo in cui i mutamenti climatici sono sempre più evidenti, anche nel nostro Paese, significa andare a sbattere contro un muro.

Non è più rinviabile una scelta forte che ci faccia uscire dalle fonti fossili e che ci consenta di procedere spediti sul fronte delle rinnovabili e dell’efficienza energetica. Che sia chiaro… il nome Governo del Cambiamento non mi ha mai convinto, ma l’esecutivo pentastellato lo ha voluto come vessillo ed ora le persone, soprattutto quelle che hanno copiosamente votato le forze che lo compongono questo Governo, hanno aspettative, legate, guarda caso, proprio al cambiamento…rispondere «è colpa di quelli di prima» non sembra una grande strategia. Soprattutto perché sulle trivelle, come su Ilva, su Tap, su Tav in questi anni si è chiesto a gran voce da parte dei territori e dei movimenti una svolta decisa e radicale nel nome del popolo inquinato. Una richiesta che questo Governo si vantava di rappresentare e poter garantire…non mi sembra.

* ecologista e deputata commissione ambiente