Sembra di essere finiti in un incubo. Un incubo in cui rinnovabile significa fossile. Un incubo in cui le compagnie Oil&Gas hanno il potere assoluto.
I fatti che ci hanno fatto precipitare nell’incubo sono due. Il primo è la posizione del governo italiano nei confronti della proposta della Commissione europea di integrare nucleare e gas nella tassonomia verde: silenzioso o tiepido sul nucleare (facendo finta di non sapere che ci sono stati due referendum con cui gli italiani hanno espresso chiaramente parere contrario) e addirittura latore di una proposta di liberalizzazione totale dell’uso del gas – contro la già ultraliberale proposta della Commissione.

La Commissione propone che da qui al 2030 possano essere costruite nuove centrali a gas, in sostituzione di quelle a carbone, a patto che le emissioni nel corso di 20 anni non superino 270 g CO2/kWh o 550 kg CO2/kW all’anno. Bene, mentre gli esperti della Platform on Sustainable Finance, che è un organismo consultivo della Commissione, si esprimono con decisione contro questi limiti, troppo alti, e dicono che il solo accettabile è quello di 100 g CO2/kWh, il governo italiano – con una faccia tosta incredibile – chiede che il limite proposto dei 270 venga invece alzato a 340 g CO2/kWh e quello di 550 portato a 750 kg CO2/kW. Tutto per continuare a bruciare allegramente gas, con buona pace della transizione ecologica, del green deal europeo e del programma “Fit for 55”.

Il secondo fatto è la ventilata intenzione di tassare i produttori di energia rinnovabile per gli extra-profitti che starebbero facendo a causa dell’aumento del prezzo del gas. Il denaro prelevato con queste tasse dovrebbe servire per integrare il contributo che il governo conta di erogare a favore delle famiglie per attenuare l’impatto del caro-energia. Cioè si tratta di togliere a chi ha fatto l’investimento corretto, sostenibile, e dare a chi invece finora ha pervicacemente continuato a investire nel fossile. Perché il contributo che lo stato fornisce alle famiglie serve per pagare la bolletta, cioè va nelle tasche di chi produce gas ed elettricità. E chi il gas produce e vende sta abbondantemente guadagnando dall’aumento dei prezzi ma, si sa “quod abundat non vitiat”.

Mentre il centro sinistra tace su questa vicenda pur così importante il senatore Girotto dei 5 Stelle e presidente della commissione industria del senato ha convenuto che “sotto il cappello delle “misure urgenti di sostegno alle imprese”, il decreto-legge approvato nell’ultimo Consiglio dei Ministri provoca danni alle rinnovabili. Il periodo che attraversiamo è difficile e ognuno deve essere chiamato responsabilmente a fare la propria parte. Ma è paradossale e inefficiente che a pagare il caro bollette debba essere l’unica soluzione strutturale e la più sicura che abbiamo per far fronte all’attuale crisi dei prezzi: le fonti di energia rinnovabile.

A contribuire a questa situazione complessa devono essere chiamate in causa anche e soprattutto le fossili, fonti le cui esternalità sono disastrose e dalle quali dobbiamo gradualmente affrancarci nel percorso intrapreso verso la transizione energetica. Che sostegno e quali garanzie possono avere i produttori delle rinnovabili con queste misure? E quali saranno le conseguenze di queste scelte? Addirittura nel testo del decreto-legge si parla di misure retroattive, che andrebbero a penalizzare l’unico settore che da anni si muove come transizione ecologica comanda.

Questa è una politica energetica contraddittoria rispetto alle necessità, che va contro la transizione ecologica e non risolve alla radice il problema. Il provvedimento è troppo parziale per questo ci stiamo già adoperando affinché i sacrifici siano condivisi anche dagli altri e non siano scaricati solo sulle rinnovabili. È importante aprire un dialogo con gli operatori affinché si possano apportare modifiche migliorative per arrivare a riconoscere almeno un indennizzo ai produttori FER, ai quali vengono modificati gli accordi in corso d’opera. Usciamo da questo incubo.