A due settimane dal sessantesimo anniversario del colpo di stato del 1964, a dominare il dibattito politico in Brasile sono piuttosto gli atti golpisti dell’8 gennaio del 2023. E, con essi, la possibilità sempre più reale che per Bolsonaro scattino le manette. A inchiodarlo in maniera definitiva – per il reato di «tentata abolizione dello Stato democratico di diritto», punibile con una reclusione dai 4 agli 8 anni – sono state le deposizioni degli ex comandanti di Esercito e Aeronautica, Marco Antonio Freire Gomes e Carlos Baptista Júnior, secondo i quali l’ex presidente avrebbe fatto pressioni per un colpo di Stato con l’obiettivo di rimanere al potere.
In base alle rivelazioni contenute nei verbali della polizia federale desecretati dalla Corte suprema, Bolsonaro avrebbe presentato ai vertici militari il progetto di un decreto che istituiva lo “stato di difesa” – un meccanismo a cui il presidente può ricorrere in caso di instabilità costituzionale – presso il Tribunale superiore elettorale, con l’obiettivo di assumerne il controllo e dichiararsi vincitore.

E ci sarebbe senz’altro riuscito se Freire Gomes e Baptista Júnior non si fossero opposti in più occasioni ai suoi piani – con tanto di minaccia di arresto da parte del capo dell’esercito – lasciando da solo il comandante della Marina, l’ammiraglio Almir Garnier, pronto invece a mettere le truppe a disposizione dell’ex presidente.
«Se tre mesi fa – ha dichiarato Lula aprendo la prima riunione ministeriale del 2024 – parlare di golpe in relazione all’8 gennaio sembrava solo un’insinuazione, oggi abbiamo la certezza che questo paese ha corso un serio pericolo in occasione delle elezioni del 2022». Se il rischio è stato scongiurato, ha aggiunto, non è stato solo per la mancanza di adesione dei vertici militari, ma anche perché Bolsonaro «è un codardo» che non ha avuto «il coraggio di eseguire quello che aveva pianificato».

Come ha dichiarato il ministro della Segreteria di comunicazione sociale Paulo Pimenta, l’ex presidente, insomma, «ha incoraggiato, cercato finanziamenti, fomentato le proteste di fronte alle caserme, pianificato il golpe e poi se ne è andato vigliaccamente a Disneyworld».

Attenzione, però, mette in guardia il presidente del Partido da Causa Operária Rui Costa Pimenta: neppure «la condanna giudiziaria di Bolsonaro risolverà il problema dell’estrema destra in Brasile». Per quanto l’ex presidente sia «una figura mediocre», la sua popolarità è ancora alta in una parte significativa della popolazione. Non è un caso che, in prima fila per sostituirlo alle prossime elezioni presidenziali, ci sarebbe anche sua moglie Michelle.