Il Presidente del consiglio ha reso pubbliche le cifre dello stanziamento per la sanità 2016 e i punti della sua strategia sono due: il definanziamento camuffato e un taglio lineare diffuso nella ” microeconomia” dei prezzi di tutto ciò che sottoforma di ausili costituisce lo strumentario a base del processo di diagnosi e di cura di un malato. Il definanziamento camuffato è un rifinanziamento del fondo sanitario nazionale che sembra tale senza esserlo. Renzi ha scandito con insistenza i numeri: 109 mld (2014), 110 mld (2015), 111 mld (2016) per dire che i soldi alla sanità aumentano. In realtà quello che appare un incremento non lo è perché il finanziamento è molto inferiore al reale (e concordato) fabbisogno della sanità.

Questo fabbisogno era stato concordato con il “Patto per la salute” tra Stato e Regioni (10 luglio 2014) e stabiliva (commi 1 e 2 dell’Articolo1), che il Fondo sarebbe dovuto essere di 109 miliardi 928 milioni (2014), di 112 miliardi 62 milioni ( 2015), di 115 miliardi 444 milioni (2016). Il tutto, applicando quanto previsto dal decreto legislativo 68 del 2011 dal titolo, “Determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali”.

In pratica Renzi definanzia la sanità rispetto al fabbisogno concordato per il 2016 di circa 4 miliardi. Questa è la verità. Nel 2016 la sanità avrà meno di quello che avrebbe dovuto avere nel 2015.

Si tratta dell’ennesimo taglio lineare che si fonda su un presupposto ormai chiaro: più il fabbisogno finanziario della sanità cresce più il suo finanziamento cala fino ad arrivare nel 2020 (Def 2014) a una spesa sanitaria ridotta di un punto percentuale rispetto al Pil. La bravura di Renzi è quella del prestigiatore: dare l’illusione che i tagli lineari siano degli incrementi.

Il secondo punto è il taglio lineare dei prezzi di tutti quei prodotti che sostengono la diagnosi e la cura di una malattia. Si tratta di un’altra forma di definanziamento ma a livello microeconomico. Essa viene spacciata per costi standard. Ma per quello che ha detto pubblicamente il premier non di costi standard si tratta ( parametri che sintetizzano i costi di un processo o di un prodotto) ma più banalmente di prezzi di riferimento.

Il premier ha definito testualmente i costi standard come “prezzi base”. Questi prezzi in sanità, se non ponderati con grande cura con la qualità dei prodotti (farmaci, dispositivi sanitari, prestazioni, trattamenti ecc) cioè se non valutati dentro i loro complessi rapporti di pertinenza clinica, possono essere molto pericolosi per i malati. Le prestazioni potrebbero costare poco ma essere inadeguate alle necessità cliniche del malato.

Facciamo un esempio: vi sono tanti tipi di protesi dell’anca quindi tanti prezzi diversi che si giustificano in ragione delle differenti qualità della protesi (soprattutto i materiali impiegati)…se usiamo il criterio del prezzo più basso indipendentemente dalla qualità clinica della protesi si rischia di impiantare ad un malato la protesi sbagliata cioè meno adatta solo perché costa meno. Se questo criterio venisse usato per i principi attivi dei farmaci e per tutti i dispositivi medici si comprende il rischio che corre il malato di avere prestazioni e cure di qualità non conformi alle sue necessità. Altra cosa, cioè con ben altre implicazioni, è usare il prezzo di riferimento standardizzato per i servizi di ristorazione, pulizia, lavanderia, guardaroba e di cancelleria. In genere in una ottica di contenimento della spesa, il prezzo base, come lo chiama Renzi, è più basso rispetto al prezzo mediano. Quindi non garantisce la qualità e l’adeguatezza del trattamento.

Poi Renzi nella sua conferenza stampa-show ha sostenuto che «applicare i costi standard in sanità può finalmente vedere realizzate alcune battaglie storiche. Penso al nomenclatore, penso ai Lea, cose che sono importanti per il mondo della sanità». Quindi per il capo del governo i prezzi di riferimento standardizzati sono la strada per rifinanziare il sistema cioè per compensare i tagli lineari. A mio parere Il “prezzo base” di Renzi altro non è se non una diffusa politica di tagli lineari a livello di microeconomia dei costi che andrà a danneggiare gravemente e direttamente il malato bisognoso di cure.

E gli sprechi? E le diseconomie? E le denunce della Corte dei Conti e della guardia di finanza? E il malgoverno della sanità? E la medicina difensiva? E la spending review? Le liste di attesa? L’inappropriatezza? I livelli assistenziali negati a mezza Italia? E il lavoro che non vale più niente? E il precariato? E i disoccupati? E i servizi in ginocchio a causa del blocco del turn over? E le professioni devastate in tutti i modi? E la prevenzione assente?

In realtà il presidente del consiglio sta progressivamente rottamando la sanità pubblica del nostro paese. Come dimostrano i numeri egli non è il riformatore che dice di essere, ma solo e niente più che un cinico sfascia carrozze.