Sono giorni cruciali per la Libia: il fragile status quo delle ultime settimane nell’area di Sirte sembra ormai destinato a finire. Manu militari o per il ritiro delle forze dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Enl) guidate dal generale Haftar? Difficile rispondere a questa domanda. In queste ultimi giorni l’Enl ha dato ampio spazio alla sua propaganda bellica.

«Le prossime ore saranno testimoni di una grande battaglia nelle vicinanze di Sirte e (della vicina base aerea) di al-Jufra», ha dichiarato martedì il portavoce dell’Enl al-Mismari replicando alle promesse di riconquista dei «due obiettivi» del colonello Qanunu del Governo di Accordo Nazionale (Gna) di Tripoli. Gli uomini di Haftar – braccio armato del parlamento di Tobruk, rivale a quello riconosciuto internazionalmente di Tripoli – hanno detto di aver schierato nell’area diversi sistemi di difesa aerea S-300 di fabbricazione russa per fronteggiare i droni turchi che sostengono il Gna. La Turchia, ha aggiunto l’addetto stampa dell’Enl, avrebbe mobilitato anche 10mila mercenari in aiuto dell’alleato tripolino.

Ma la novità delle ultime ore è che di fronte agli insuccessi militari dell’Enl, anche la stampa pro-Haftar non è più compatta nel difendere il generale cirenaico. Il prestigioso Asharq al-Awsat (di proprietà saudita, ma con sede a Londra) ha infatti riferito ieri che una delegazione militare e politica statunitense di «alto livello» avrebbe proposto ad Haftar di evacuare la Mezzaluna petrolifera (quindi anche Sirte) da qualsiasi forza militare con la supervisione di forze europee sotto il cappello dell’Onu.

Fonti vicine al generale citate dal quotidiano hanno descritto l’iniziativa come «l’ultima possibilità» per raggiungere un accordo di cessate il fuoco con il Gna. La notizia è stata però smentita nel tardo pomeriggio dall’Enl. Porre fine allo status quo a Sirte sarà sicuramente foriero di conseguenze pericolose. Incontrando ieri una delegazione delle tribù libiche, il presidente egiziano al-Sisi ha ribadito che Sirte è «linea rossa», aggiungendo che «l’Egitto non resterà inattivo di fronte a qualsiasi azione che rappresenta una forte minaccia contro la sicurezza egiziana, libica, araba, regionale e internazionale».

Più o meno nelle stesse ore, il ministro degli Esteri Di Maio spiegava durante l’audizione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, quanto sulla gestione del dossier libico, nella lotta al terrorismo e nei traffici illeciti, il Cairo svolge con Roma una «collaborazione imprescindibile». La ministra degli interni Lamorgese, intanto, veniva accolta a Tripoli dalle principali cariche del Gna (a partire dal premier al-Sarraj) e discuteva con loro di immigrazione, contrasto ai gruppi terroristici, petrolio e ritorno delle aziende italiane nel paese nordafricano. Ancora una volta l’Italia ha provato a stare in mezzo ai due fuochi, cercando di raschiare quel poco che resta dal fondo delle ricchezze libiche.