27desk3 grecia debito guerra German soldiers raise their flag over the Acropolis in Athens Greece 1941
Alexis Tsipras, il leader del Syriza e ora prossimo premier greco, l’ ha sottolineato per ben due volte poco prima della chiusura della campagna elettorale. La prima durante il suo ultimo comizio nella centralissima piazza Omonia ad Atene.
«La leadership tedesca – ha detto Tsipras – non ha il diritto morale di negare quello che e stato concesso alla stessa Germania. Rivendicheremo anche i crediti di guerra». E poi lo ha ripetuto venerdì pomeriggio nella conferenza stampa ai media locali: «La Germania deve pagare per l’occupazione nazista, è un impegno che abbiamo nei confronti della generazione che ha fatto la Resistenza. Rivendicheremo questo credito verso tutti i Paesi europei. Su questo non possiamo fare compromessi, si tratta di un debito storico. Vogliamo che non sia una richiesta greca, ma che si faccia all’interno degli organi europei».

Come mai il leader della sinistra radicale fa emergere un argomento ignorato, forse oscuro e sicuramente sconosciuto alla maggioranza dell’opinione pubblica europea proprio in un momento difficile per Atene? Tsipras vorrebbe compensare il debito pubblico greco con i crediti che aveva preso la Germania nazista dai greci durante l’occupazione del Paese? Si tratta di una rivendicazione legittima oppure una demagogia, che sarà dimenticata il giorno dopo le elezioni, con l’ obiettivo di raccogliere qualche voto in più dalle vecchie generazioni che hanno ancora viva la memoria?

La storia
Ottobre del 1944. Le truppe naziste si ritirano dalla capitale greca sotto la pressione dell’Elas, l’ Esercito di Liberazione nazionale greco, guidato dai comunisti del Kke, lasciando indietro non solo centinaia di migliaia di vittime, crimini di guerra, macerie e dolore umano, ma anche un debito obbligatorio preso dalla Banca centrale di Grecia per coprire i bisogni delle truppe naziste in Grecia e nell’ Africa del nord. In realtà Berlino, dal 1942 fino al settembre del 1944, aveva cominciato a pagare quote del suo debito ad Atene, ma dopo la sconfitta del Terzo Reich la gran parte di questo credito con i rispettivi interessi, secondo l’ accordo firmato dalle due parti, non era mai stato restituito dai governi tedeschi del periodo post-guerra.

La Grecia varie volte fin dalla meta degli anni ‘40 in tutte le tribune internazionali (Conferenza di pace nel 1946, sei anni dopo dalla fine ratificata della guerra con la Germania, nel 1953 alla Conferenza di Londra per l’ annullamento del debito tedesco) ha cercato di porre la questione dei crediti di guerra. Ma sempre per uno o per l’altro motivo – la principale causa che veniva rappresentata a livello diplomatico dagli interlocutori internazionali di Atene era «la Germania è divisa» – la questione veniva posticipata dalle forze alleate. Sembrava quasi che la rivendicazione di un Paese che non faceva parte del club dei potenti non era importante.

C’è stata per la prima volta una risposta ufficiale alle richieste greche, addirittura dal governo tedesco, solo nel 1964, quando il premier di allora Yorgos Papandreou, padre di Andreas, fondatore del Pasok e nonno dell’ ex premier Yorgos, ha riportato la questione durante un incontro bilaterale. «Nel 1958, il vostro governo (di Costantino Karamanlis, ndr) ha ritirato le richieste per la restituzione dei crediti di guerra in cambio di un prestito tedesco ad Atene pari a 200 milioni di marchi», fu la reazione del governo di Ludwig Erhard.
La verità è che un tale accordo non è stato mai trovato negli archivi dello Stato ellenico e quando Atene ha riferito la cosa per via diplomatica a Berlino, la risposta e stata altrettanto categorica e sorprendente: «Era un accordo segreto e orale».

Una risposta negativa alle richieste greche è stata data anche dall’ex cancelliere tedesco Helmut Kohl (ed ex leader della Cdu) subito dopo la riunificazione della Germania. Da allora la questione pende nei rapporti bilaterali tra i due Paesi, visto che nessuno dei governi di Atene in carica, né dei conservatori, né dei socialisti ha mai pensato di riportarla al tavolo dei colloqui con Berlino.
Anzi, per Nea Dimokratia e Pasok era uno scoglio da superare, nonostante che dirigenti socialisti e comunisti, come Manolis Glezos, figura simbolica della guerra contro i nazisti e attualmente eurodeputato di Syriza, insistevano sulla necessità di rivendicare i crediti di guerra fin dagli anni ‘90.
L’atteggiamento dell’establishment politica ad Atene è cambiato nel 2009 sotto il peso della crisi umanitaria – il disastro sociale provocato dai diktat economici della trojka Ue – e le pressioni del Syriza. Per molti greci l’ applicazione del pesante programma di risanamento dell’economia che non guarda affatto alle loro condizioni di vita, dovuto in gran parte a Berlino, ricorda l’ occupazione nazista.

Il debito tedesco
Nel 1944 il rappresentante del terzo Reich ad Atene, Alderburgh, in una lettera indirizzata al ministero degli Esteri tedesco, riferendosi ai crediti di guerra di Atene, aveva scritto che corrispondevano a 200 milioni di marchi d’ oro, ovvero a 400 milioni marchi post-guerra.
Ma secondo un rapporto ufficiale di Atene, concluso solo pochi mesi fa, nel novembre del 2014, il famigerato prestito obbligatorio ammonta invece ad almeno 11 miliardi di euro. Il rapporto di 160 pagine è stato consegnato alla Ragioneria generale dello Stato ed al vice ministro delle finanze uscente, Christos Staikouras al termine di tre mesi di ricerche approfondite svolte da una speciale commissione presieduta dall’ex direttore generale del Tesoro, Panagiotis Karakoussis.

La commissione inquirente, secondo Karakoussis, ha preso in considerazione le stime più prudenti per quanto riguarda il debito tedesco, visto che secondo altri ricercatori e analisti la somma del debito tedesco ammonta a 54 miliardi di euro. A prescindere ora dalla cifra esatta – comunque assai rilevante – Karakousis ha dichiarato che tale richiesta non ha nulla a che fare con tutte le riparazioni di guerra per i danni subiti dalla Grecia durante l’occupazione nazista che potrebbero raggiungere le decine di miliardi di euro.
Ricercatori greci ritengono, infatti, che dai conteggi, diffusi anch’essi nell’aprile 2013, contenuti in un rapporto redatto da un comitato di esperti del ministero delle finanze greco, Berlino dovrà restituire altri 108 miliardi di euro per i danni causati alle infrastrutture durante l’occupazione nazista del Paese.

A parte questo, il rapporto sui debiti di guerra sarebbe dovuto arrivare nelle mani del ministro degli Esteri nel dicembre scorso che, a quanto pare, l’avrebbe inviato all’ Avvocatura dello Stato. In base alla Costituzione greca, una speciale Commissione legale dovrà ora riunirsi per esaminare la questione e consigliare al governo il modo migliore per gestirla. Soltanto che le elezioni presidenziali – la cui gestione provocatoria è esplosa nelle mani di Samaras – e il ricorso anticipato alle urne hanno tagliato la procedura in corso. E da domani tocca al nuovo governo proseguirla.

Le reazioni
Intanto Berlino, secondo fonti vicine alla cancelleria tedesca, non sembra disposta a sborsare nemmeno un euro. Nel marzo del 2006 la Corte costituzionale tedesca stabilì che la Germania non doveva pagare risarcimenti ai singoli individui per i crimini di guerra commessi dai nazisti durante il conflitto. Quattro anni dopo, nel 2010, il ministero degli Esteri tedesco rese noto che la Germania – in base ad un trattato siglato nel 1960 – aveva pagato 115 milioni di marchi (circa 58,8 milioni di euro) alle vittime dei crimini nazisti in aggiunta ai fondi erogati alle vittime del lavoro forzato sotto il Terzo Reich. Ma Berlino non ha speso una parola per i crediti di guerra.

Yorgos Romeos, noto giornalista ed ex ministro socialista durante i governi di Andreas Papandreou negli anni ‘80 ha dichiarato: «Durante la seconda guerra mondiale i tedeschi hanno obbligato la Grecia a dargli un credito per coprire i fabbisogni del loro esercito di occupazione contro un popolo che moriva di fame. E noi non avevamo la possibilità di scegliere, di rifiutare, di rispondergli “no”. Quando nel 2010, dopo che la crisi economica ha travolto quasi tutti i greci, il nostro Paese ha dovuto avere prestiti dall’ Ue, la Germania ha imposto il suo dogma: “ve li prestiamo solo se fate quello che vi diciamo noi…”. Il governo tedesco si dimentica che la sua potenza economica è dovuta anche al fatto che nel 1953 anche la Grecia ha ritirato la rivendicazione dei risarcimenti di guerra».

Sull’altare della Guerra fredda.

Infatti Berlino, distrutto dalla seconda guerra mondiale, oggi, a Germania riunificata, grazie alla sua potenza economica, governa l’Europa. La germanizzazione dell’ Unione europea e le sue conseguenze sono una realtà pesante ancora non ben verificata come lo è stata per la Grecia. Perciò Berlino nega ogni discussione per l’estinzione di un debito, di un credito di guerra ad Atene, che avrebbe alleggerito i greci dalle conseguenze catastrofiche dell’austerity imposta innanzitutto dalla Germania. «Questo comportamento non e affatto corretto – osserva lo storico tedesco Albert Ritschf intervistato dal settimanale Der Spiegel – la Germania, il paese più colpevole del Ventesimo secolo, ha vissuto i più grandi default nella storia moderna. La sua autonomia finanziaria e il suo primo posto da docente dell’Europa li deve agli Stati uniti, che dopo la fine della Prima e della Seconda guerra mondiale hanno rinunciato al loro diritto di rivendicare i debiti di guerra».

Storie del passato? «No affatto», risponde Yorgos Romeos. Che nota come «la Gran Bretagna pagherà proprio quest’anno parte dei suo debiti agli Usa, quelli contratti durante la Prima guerra mondiale e poi negli anni ‘30. Nel mese prossimo Londra verserà a Washington la somma di 218 milioni di sterline e nel marzo altri 1,9 miliardi di sterline da un credito di guerra fatto nel 1932».

Ora Alexis Tsipras dichiara e chiarisce che non ci sarà nessuna compensazione tra il debito pubblico e i crediti di guerra. «Sono – aggiunge – due cose completamente diverse e comunque non è, almeno, per noi un altro fronte di scontro, ma la rivendicazione di un diritto legittimo».