«Con Stefano ci siamo sempre intesi alla perfezione, di lui ho un ricordo fantastico. Io ho perso un amico, carissimo e di lunga data, tutti noi abbiamo perso una figura essenziale per questo paese, una mancanza che sentiremo duramente perché Stefano era una persona rara e non sarà sostituibile».

Come Stefano Rodotà, Lorenza Carlassare è una giurista impossibile da rinchiudere nell’accademia. La sua passione civile è la stessa che adesso, nella tristezza, vuole ricordare dell’amico. «Stefano era molto amato dai cittadini che lo incontravano e lo ascoltavano. La sua coerenza, il suo disinteresse risaltavano ogni volta che prendeva la parola. Mi è capitato di notarlo in tante occasioni, la sua forza era nella sincerità delle argomentazioni e nella capacità di rendere chiare questioni complesse. Le persone gli volevano bene, standogli accanto si percepiva l’affetto».

 

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Nel 2013 lei ha creduto, almeno per qualche giorno, che Rodotà potesse effettivamente diventare presidente della Repubblica?

No, nella maniera più assoluta. Mi avrebbe fatto un piacere immenso, ma non ho pensato neanche per un solo istante che glielo avrebbero lasciato fare. La sua elezione sarebbe stata una smentita troppo clamorosa di questi tempi politicamente tristi che viviamo.

Rodotà non era un costituzionalista ma viene ricordato come tale, come lo spiega?

Si è sempre interessato moltissimo alla Costituzione e ai suoi valore ed è stato soprattutto un uomo di ideali. Io penso che senza ideali sia impossibile fare politica, e Stefano non ha mai trascurato i principi profondi. Probabilmente la sua origine e i suoi studi di civilista gli hanno permesso uno sguardo attento al tema dei diritti, che ha coltivato per tutta la vita. È stato uno studioso capace sempre di guardare lontano, intuendo questioni e problemi che ci siamo poi trovati ad affrontare in anni successivi.

Eppure nell’ultima battaglia, quella vittoriosa per il no al referendum costituzionale, lui come tanti tra voi si è preso l’accusa di conservatorismo.

Un’accusa che lo faceva arrabbiare molto, lui sempre così rivolto al futuro, al cambiamento e all’innovazione. Chi lo ha conosciuto sa che Stefano era un uomo mai ripetitivo, capace sempre di pensieri nuovi, freschi. Siamo conservatori nel senso che vogliamo difendere i valori democratici e della Costituzione, e lo rivendichiamo. Si parla troppo poco di etica repubblicana che invece è una cosa bellissima. Stefano incarnava alla perfezione l’etica repubblicana e sapeva farlo con gentilezza e dolcezza.

Ha un ricordo recente di lui?

Molto recente, perché ogni anno organizzo a Padova una scuola di cultura costituzionale e Stefano è l’unico che non è mai mancato – l’unico a dire la verità che ho sempre ininterrottamente invitato. L’avevo chiamato anche per l’edizione 2017 per fargli inaugurare la scuola, come sempre, ma questa volta mi aveva spiegato che a gennaio avrebbe avuto troppi problemi e troppe visite mediche da fare a Roma. «Lorenza, mettimi alla fine, che confido di stare meglio», mi disse. E così ho fatto. E così, malgrado la malattia, ad aprile, appena due mesi fa, è venuto a Padova, quest’anno per concludere il ciclo della scuola. Ha tenuto una bellissima e seguitissima lezione in aula magna dal titolo «Nel segno della democrazia costituzionale». Mi è parso che stesse anche discretamente bene, la sera è stato a cena con noi ed era contento di tornare a fare la vita di sempre. Con quel suo straordinario coraggio semplice.