Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi. Così è, gattopardianamente, la gestione del potere nella Regione del Kurdistan iracheno. A quasi due anni dal fallimentare referendum sull’indipendenza da Baghdad, con il leader di sempre Masoud Barzani dato politicamente morto, il Krg resta saldamente in mano al clan.

Con il nipote ed ex premier Nechirvan Barzani nominato lunedì presidente al posto dello zio, ieri il parlamento di Erbil ha scelto (con 87 voti su 97) il figlio Masrour Barzani come nuovo primo ministro.

E tutto resta com’è, una gestione del potere familistica che negli anni ha radicato corruzione interna e politiche disfunzionali, dolorosamente pagate dai cittadini sotto forma di repressione interna, crisi economica, tagli di stipendi e disoccupazione giovanile rampante.

Gli unici a votare contro la nomina di Masrour sono stati i partiti islamisti Komal e Kiu. Gli altri, compresi il Puk, storico rivale del Kdp di Barzani, e Gorran, hanno votato a favore: entreranno nel governo, grazie a una mediazione che fa tutti contenti e che supera l’impasse (le elezioni si erano tenute lo scorso settembre).

Si felicita il papà: «Gli auguro continuo successo», ha twittato. Un augurio che rivolge a se stesso, visto che – come ha candidamente ammesso il nipote Nechirvan – Masoud «resta il vero boss». Così, a 21 mesi da quel referendum, l’uomo dato per spacciato è ancora in sella, un intreccio malsano di potere politico, economico e militare dal sapore di monarchia assoluta.