«Sono stato a Cerro de Pasco solamente sei giorni. Quando sono tornato in Italia, il livello del piombo nel mio sangue era salito da zero a cinque microgrammi per decilitro».

La testimonianza di Stefano Sbrulli, fotografo free-lance che si è recato a Cerro de Pasco per realizzare un reportage fotografico, rende immediatamente l’idea di una situazione di contaminazione allucinante, probabilmente fra le più alte mai registrate al mondo.

«È un posto tremendo, dove oltretutto la gente vive in condizioni durissime. Fa freddo e le case non hanno il riscaldamento. Nemmeno un camino, perché non ci sono alberi», continua Stefano.

Cerro de Pasco è una città mineraria a 4400 metri di altitudine sulla Cordigliera Andina peruviana. Una zona nota per l’abbondanza di argento fin dall’epoca precolombiana e di altri metalli preziosi come rame e zinco; una ricchezza che nel tempo è diventata veleno. I suoi 80 mila abitanti si distribuiscono attorno a un’enorme miniera a cielo aperto. Alcune case distano solo 5 metri dal bordo della voragine di 900 metri di profondità e larga quasi tre chilometri creata dalla miniera.

Le attività estrattive vanno avanti a livello industriale dagli anni ’70, portandosi appresso un carico di devastazione ambientale e sanitaria a cui non è mai stato messo un argine. È scientificamente provato da tempo che l’estrazione dei minerali è accompagnata dall’emissione di metalli pesanti che in seguito si depositano sul terreno e nelle acque, contaminandole, e che questo abbia un potenziale impatto sulla salute non solo di chi lavora nella miniera, ma di chi ci vive vicino. Il bio-accumulo nel corpo di sostanze quali ferro, alluminio, rame, arsenico, camdio, mercurio ed altri è correlato a malattie della pelle, febbri, disturbi gastrointestinali, infezioni, malformazioni, aborti, coma, morti.

In tutta l’America Latina le attività estrattive sono state portate all’estremo mettendo a rischio le popolazioni locali, ma il caso di Cerro de Pasco è emblematico: secondo Flaviano Bianchini, fondatore dell’organizzazione no-profit Source International, il 100% degli abitanti di Cerro de Pasco dovrebbe essere ospedalizzato d’urgenza per il livelli di contaminazione rilevati nei loro tessuti.

Source International collabora con le comunità che affrontano casi di inquinamento provocato da attività estrattive, fornendo un supporto tecnico-scientifico utile per indentificare e valutare i danni subiti. Il caso di Cerro de Pasco è sotto studio dal 2009 e i risultati delle analisi, oggetto di rigorose pubblicazioni scientifiche su riviste come l’International Journal of Environmental Science and Technology, sono inquietanti.

L’acqua utilizzata nel processo di estrazione viene riversata direttamente nel bel mezzo della città, anche se contiene metalli pesanti fino a 50 volte oltre il limite di legge. Le esplosioni continue generano polveri tossiche che vengono emesse anche dalle rocce non processate ammucchiate a caso prosciugando laghi o creando montagne.

Cosi la gente respira polveri tossiche e beve acqua inquinata, oltretutto quel poco che le arriva perché la miniera fa anche questo: sottrae un quantitativo d’acqua pari a 30 piscine olimpiche al giorno, mentre la popolazione vi accede in media tre ore a settimana.

In questo inferno non stupisce che le analisi effettuate sui capelli di 82 bambini, abbiano rilevato che il cento per cento presenta nel sangue concentrazioni superiori al limite di sicurezza stabilito per tutti i metalli ricercati.

Anche in assenza di quei dati inequivocabili, per allarmarsi sarebbe sufficiente soffermarsi su alcuni aspetti della condizione sociale e della salute mentale degli abitanti di Cerro de Pasco. Delinquenza e violenza domestica sono a livelli molto alti; la depressione è diffusissima, sia fra gli adulti che negli adolescenti: riguardo a quest’ultimi, la percentuale di morti per suicidio è del 18%, mentre la media nazionale risulta meno dell’1% , un dato in correlazione non solo indiretta ma anche diretta con la contaminazione ambientale, in quanto è scientificamente provato che l’intossicazione da alcuni metalli può provocare comportamenti autolesionistici. Impressionante il numero delle malformazioni congenite: si riportano nel 15% dei neonati, di nuovo abbondantemente al di sopra della media nazionale.

L’età media della popolazione locale è di 37 anni, contro i 74 nazionali. Difficile invece da quantificare la mortalità, in quanto le persone, quando si ammalano, lasciano la città. Anche i dati epidemiologici sull’incidenza del cancro non sono sufficienti, servono sudi più approfonditi e specifici. Ma quello che è già certo è che il nome Cerro de Pasco equivale a tragedia.

Ma chi sono i responsabili di tutto questo? Le società minerarie che si sono succedute nel tempo, di cui l’ultima è la Volcan Compagnia Minera, che non hanno operato in condizioni di sicurezza e non hanno mai messo in campo misure di riduzione dell’impatto; il governo peruviano che non ha fatto nulla contro questa gravissima e persistente violazione del diritto alla salute dei suoi cittadini. A questo si aggiunge un clima di ricatto e intimidazione. Da una parte la miniera è per qualcuno una fonte di lavoro, anche se più di 70 anni di funzionamento non hanno cancellato le condizioni di estrema povertà in cui vive il 29% della popolazione; mentre l’impresa mineraria, che ha sede nelle Isole Virgin, ha un fatturato di 60 milioni di dollari l’anno, Cerro de Pasco è, secondo le statistiche, una delle città più povee del Perù. Dall’altra la reazione aggressiva dei beneficiari, leciti o illeciti, dell’attività estrattiva: minacce anche di morte hanno raggiunto chi si è esposto in campagne di denuncia e sensibilizzazione, come Wilmar, un attivista dirigente di un sindacato che si è poi trasformato in un centro per la salvaguardi della salute locale. Wilmar è anche un artista. Nonostante i rischi, continua a sollevare il problema di Cerro de Pasco anche con i suoi dipinti, uno dei quali si è materializzato alle porte di ingresso di una Cop 20. È solo con il coraggio e la costanza di Wilmar e di altra gente di Cerro de Pasco che qualcosa si è smosso: lo scorso luglio, dopo essere rimasti incatenati per quasi una settimana a Lima di fronte al ministero della Salute, si è aperto un dialogo nel corso della quale si sono presentati gli studi ambientali e medici realizzati