Nella campagna elettorale in corso c’è una sottrazione di argomenti: non ci sono il lavoro, l’informazione, lo stato sociale, l’idea dello sviluppo, l’acquisizione collettiva del senso del limite e della capacità di costruirvi sopra un’idea di società. E non emergono così soggetti cui dare priorità, né luoghi abitati e vissuti da mobilitare. Siamo diventati un Paese in cui la società civile comunica incessantemente sui social e in riunioni locali, mentre i media e la classe politica stazionano in una bolla vagante, priva dei riflessi delle emergenze che attanagliano quotidianamente e assiduamente le popolazioni.

Penso che l’illusione coltivata dalle destre di una «corsa» per inerzia e senza sussulti verso il 25 Settembre, non regga l’urto delle rivendicazioni di componenti vitali che ritornano in presenza nelle loro funzioni. Mi riferisco al lavoro e alla scuola, che, a giochi conclusi per i collegi elettorali, misureranno sulle proprie condizioni i programmi di chi ha prenotato seggi in Parlamento.

Spesso non consideriamo tra le condizioni di lavoro il sentirsi o no in pace; l’essere o no impegnati in guerra; l’essere o no cobelligeranti di una «terza guerra mondiale combattuta a pezzi». Mentre Ucraina e Zaporizhzhia scandiscono un orrore bellico che ci sovrasta, quasi nessuno sta chiedendo al mondo del lavoro di farsi rappresentare e di agire per ripudiare la guerra. Eppure, ovunque la giornata di lavoro ne è sconvolta, turbata per le immagini, ferita nel profondo dalle uccisioni per mano umana di gente senza volto e probabilmente passata incolpevolmente dalla tuta alla divisa. In campagna elettorale si sta discutendo solo di effetti a valle della trasformazione in corso, non delle sue cause politiche e sociali: quale sarà il disagio in bolletta, come si conterrà l’inflazione, di quale comfort godremo in casa, come ripristineremo il decorso dell’acqua nei fiumi.

Ma sull’impatto complesso e devastante di tre emergenze concomitanti – clima, eventi bellici diffusi e disuguaglianza sociale – il silenzio è greve, nonostante la voce sempre più isolata di un papa, che è stato a Lampedusa, a Puebla, all’Onu, in Iraq, ad Assisi e all’Aquila per indicare un’umanità ed un Pianeta diversi da quelli che ci riservano le grandi Potenze in lotta per l’egemonia economica e militare su una Terra stremata. Il sindacato e l’intero corpo del lavoro, ancora incerti nel farsi sentire, devono risalire a monte e chiedere di conseguenza un cambio di marcia.

Al di là dei resoconti dei media, è enorme il numero di persone che invece ha vissuto direttamente le emergenze degli implacabili supplizi di questa estate: l’allagamento e il danneggiamento irreparabile di luoghi di produzione e di consumo, il mutamento di paesaggi alpini o le mareggiate squassanti, l’aridità dei corsi d’acqua o le ondate di calore, così come ha provato angoscia per le abitazioni sventrate e le vite spezzate da ordigni mostruosi. Tutti ne hanno parlato nei luoghi di ritrovo delle vacanze, in famiglia, la sera con le persiane spalancate. Ma non c’è stata ancora una presa d’atto in termine di coscienza collettiva: credo invece che il rientro in presenza in fabbrica o a scuola non potrà che amplificare la sensazione che un mutamento brusco, senza ritorno, si è affacciato oltre la pandemia, drammatizzando la mancanza di tempo per intervenire. Viene avanti un processo intergenerazionale di ripensamento del senso dello studio e del lavoro, attività conoscitive e trasformative di una natura e di un ambiente sociale che vanno curati e rinnovati nello spirito dell’ecologia integrale e della pace.

Si presenta quindi l’opportunità che la campagna elettorale faccia i conti con protagonisti – scuola e lavoro – che, dopo l’imponente presa di posizione del mondo della scienza contro il negazionismo climatico e la generale riprovazione dei conflitti armati, obliquamente sostenuti anche dal nostro Paese, possano appurare le vaghe promesse e dare una torsione non prevista dai sondaggi svolti in tempo di solstizio d’estate. Mi auguro che la Sinistra e tutta la società civile spostino l’attenzione sulla transizione energetica, le vertenze contrattuali, l’avvio del Congresso della Cgil, la giornata Onu per la pace del 21 Settembre e lo «sciopero» dei FFF del 23 Settembre.

Nel mondo c’e un’anima non violenta che lo abita e può rappresentare in un prossimo futuro una forza più potente della belligeranza, affiancando l’ecologia integrale per affermare – come ha fatto Bergoglio – che «la guerra è una pazzia» e che «coloro che devastano per profitto la natura hanno mercificato la vita».

Scuola e lavoro sono di fronte all’evolversi rapido di due guerre mondiali che procedono in parallelo. Quella classica, grande o per frammenti, che si gioca anche oggi con le armi per il potere geopolitico, geo-economico e tecnologico; e quella specifica del sistema tecno-capitalista contro la Terra e l’ambiente. È tempo di abbandonare ogni rassegnazione.