Dopo le elezioni che hanno dato ai repubblicani il miglior risultato dai tempi di Herbert Hoover, comincia a delinearsi la portata del terremoto politico che ha scosso l’America martedì scorso.

La nuova  maggioranza conservatrice annuncia guerra a tutta l’agenda Obama:  welfare, salute, ambiente, diritti civili  e immigrazione.

La prima avvisaglia di un clima radicalmente mutato è stata la sentenza venerdì di una corte d’appello federale che ha invalidato i matrimoni gay in Kentucky, Michigan, Ohio e Tennessee, una netta inversione di tendenza sui diritti civili che sono stati uno dei dati oggettivi dell’amministrazione Obama.

Una seconda doccia fredda è stato l’annuncio a ruota che la corte suprema a maggioranza conservatrice prenderà in riesame la costituzionalità della riforma “Obamacare” sulla salute pubblica,  se venisse invalidata come appare probabile nell’attuale contesto, sarebbe il “colpo mortale” che da anni i repubblicani sognano di assestare alla “legacy” obamiana.

Come una timida riforma che ha allargato la previdenza pubblica ai 36 milioni di Americani che ne erano scandalosamente sprovvisti mediante un sistema di incentivi a  polizze private sia diventata chiave di volta di una restaurazione conservatrice è una delle singolarità della cronaca politica americana contemporanea. In realtà  nella denuncia ossessiva di “socialismo strisciante” indirizzata contro la mutua di Obama  è contenuta la paranoia ideologica di una destra neo-reaganiana e del suo sacramento dello  stato minimo.

È l’espressione di un delirio Hobbesiano del conservatorismo americano per cui ogni accenno di welfare è anatema e secondo il quale la salute non è un diritto civico ma un attributo di quella felicità da procacciarsi individualmente senza interferenza dello stato, un premio disponibile sul mercato agli individui che ne siano meritevoli in base al proprio successo.

Un simile darwinismo sociale sottende l’altro cavallo di battaglia della destra, l’opposizione ad ogni apertura sull’immigrazione.

Gli 11 milioni di “clandestini” che risiedono e lavorano in America reclamano urgentemente una riforma e Obama ha tentato seppur timidamente di avanzarla intavolando un trattativa coi repubblicani a cui ha anche concesso numeri record di deportazioni.

Dopo anni di ostruzionismo il presidente ha infine decretato la cessazione dei rimpatri almeno dei dreamer, gli studenti “indocumentati” giunti i Usa da bambini e mai regolarizzati,  annunciando a breve un ampliamento dell’amnistia.

Ma se i repubblicani prima sentivano di dover concedere qualcosa agli elettori ispanici ora considerano di poter vincere elezioni anche senza il loro apporto. la nuova linea di partito dunque è che la  riforma di Obama è un oltraggio passibile di impeachment.

Per il neo eletto presidente del senato Mitch McConnell eventuali decreti presidenziali equivarrebbero a “sventolare un panno rosso davanti o a un toro”. John Boehner ha rincarato la dose con toni più da Tony Soprano che da presidente della camera affermando che “chi gioca coi fiammiferi rischia di scottarsi”.

La realtà, dietro le minacce, è che i repubblicani  non agevoleranno mai una riforma che agevolerebbe la cittadinanza per 11 milioni di nuovi elettori per il partito democratico. In questo bieco calcolo politico i perdenti sono gli immigrati relegati alla condizione di fonte permanente di forza lavoro internamente delocalizzata.

Altra vittima designata del nuovo congresso è l’azione sul mutamento climatico. Con le normative varate a giugno per  il contenimento delle emissioni e la riduzione del 30%, dell’inquinamento delle centrali termiche a carbone si era cominciato a registrare qualche progresso. Ma basta sapere che il nuovo speaker repubblicano McConnell proviene dal Kentucky , terzo produttore di carbone del paese, per immaginare quali probabilità abbiano ora di essere implementate.

Paradossalmente il disaccordo minore potrebbe esserci  proprio sugli interventi militari. L’ultima volta che Obama aveva ricevuto il plauso seppur riluttante  dell’opposizione era stato con la decisione del nuovo intervento “limitato” in Iraq contro l’Isis.

Ora mentre con raid indiscriminati su una guerra civile settaria e inestricabile stanno compiendo gli scempi annunciati fra la popolazione, comincia l’inevitabile escalation a cominciare con gli addizionali 1500 “addestratori non combattenti” spediti ad addestrare i combattenti.

Nel primo pranzo di lavoro coi repubblicani prima di partire per la Cina, Obama ha anticipato  la richiesta di maggiori poteri militari per gestire la missione. Non sarà  presumibilmente il partito più interventista a negargliele  anche se uno scontro probabilmente ci sarà sul coinvolgimento dell’Iran – anatema per la destra già inferocita per i contatti “privilegiati” che l’amministrazione ha avuto con Rohani e Khamenei.