I No Triv a Calenda: «Basta piattaforme nei nostri mari»
Ambiente Un disciplinare del ministero autorizza nuove trivellazioni. Sconti fiscali nella «manovrina». Appello con le opposizioni e parte del Pd: minacciato perfino il Golfo di Venezia. Contenziosi aperti già in tanti comuni per milioni di euro
Ambiente Un disciplinare del ministero autorizza nuove trivellazioni. Sconti fiscali nella «manovrina». Appello con le opposizioni e parte del Pd: minacciato perfino il Golfo di Venezia. Contenziosi aperti già in tanti comuni per milioni di euro
Una mozione parlamentare volta a evitare «che nelle acque territoriali vi siano nuove trivellazioni petrolifere». L’iniziativa, nata da una proposta del coordinamento nazionale No Triv in collaborazione con Associazione A Sud e Green Italia, è stata presentata alla Camera e sottoscritta da parlamentari di vari schieramenti, che la faranno propria e la porteranno in discussione in aula: Sinistra Italiana, Alternativa Libera, Articolo 1 – Mdp, Possibile, Movimento 5 Stelle e da una frangia del Pd.
Chiede la modifica del «Disciplinare tipo per il rilascio e l’esercizio dei titoli minerari per prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi» del 7 dicembre 2016, di cui è autore il ministero dello Sviluppo economico, che è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 78 del 3 aprile scorso e che permette la costruzione di nuove piattaforme e pozzi entro le 12 miglia marine. «Oltre a eludere il sostanziale divieto di trivellazioni in prossimità della costa – spiega il costituzionalista Enzo Di Salvatore – il testo ministeriale presenta due altri pesanti profili di criticità: la possibilità di promuovere attività estrattive nell’area del Golfo di Venezia, e qui è il caso davvero di lanciare l’allarme, e il sostanziale svilimento delle prerogative costituzionali delle Regioni nell’iter di rilascio delle concessioni».
«È un provvedimento – aggiunge Di Salvatore – che si pone in continuità con altri adottati negli ultimi mesi dai governi Renzi e Gentiloni, tra essi: la riscrittura del procedimento Via; la cancellazione del Piano delle aree per le concessioni petrolifere; la recentissima scandalosa decisione, che va contro i Comuni e quindi contro i cittadini, di defiscalizzare le piattaforme petrolifere situate lungo i nostri litorali».
Quest’ultimo è l’ennesimo regalo, da circa 300 milioni di euro, alle multinazionali del greggio: non dovranno versare Imu, Ici e Tasi, al contrario di quanto stabilito dalla Corte di Cassazione. L’«omaggio» è stato infilato nella «manovrina», l’articolo incriminato è il 35. È stata la stessa commissione Ambiente del Senato, analizzando il Def e relativi allegati, a sottolineare che «sarebbe necessario rivedere la proposta ipotizzata per la manovra correttiva circa la detassazione con effetto retroattivo, agli effetti Imu e Tasi delle piattaforme di estrazione idrocarburi ubicate nei mari territoriali, in quanto si tratta di fabbricati iscrivibili nel catasto edilizio urbano quindi assoggettabili a tutti gli effetti ai tributi comunali sugli immobili. La detassazione di tali immobili comporterebbe un enorme danno finanziario per i Comuni coinvolti, con conseguenze gravi per le entrate già programmate a copertura di servizi essenziali e di investimenti».
Si sta provando a concedere ulteriori benefici alle compagnie petrolifere, forzando ogni regola del buon senso, mentre ci si affanna a trovare i 3,4 miliardi di euro necessari per chiudere la manovra. «È una vergogna e le società petrolifere ringraziano – commentano i No Triv – A questo punto, perché non regalare direttamente le risorse energetiche nazionali presenti nei fondali marini e nel sottosuolo del nostro Paese? Potrebbe essere un’idea meno ipocrita». I No Triv ricordano che «ci sono tra l’altro numerosi Comuni che hanno contenziosi aperti per diversi milioni di euro – ad esempio Scicli, Torino di Sangro, Termoli, Porto Sant’Elpidio, ecc. – ma sarebbero molti di più se il governo di tanto in tanto non lanciasse salvagenti alle compagnie petrolifere».
«Un quadro generale – conclude il costituzionalista Di Salvatore – che fa presagire la sostanziale continuità tra la Strategia energetica nazionale (Sen) varata dal governo Monti nel 2013 e le linee guida della nuova Sen, in fase di approvazione in Parlamento. In questo modo vengono disattesi gli impegni presi con l’accordo di Parigi e ignorate le istanze delle comunità impattate dalle attività estrattive da nord a sud dello Stivale».
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