Mentre in Italia e Europa litigano sull’immigrazione, Donald Trump telefona al premier Giuseppe Conte per comunicargli che condivide la «linea molto dura sull’immigrazione illegale» intrapresa da Roma. «Io concordo con questa posizione al 100% – ha detto il presidente Usa – e anche gli Stati uniti stanno tenendo allo stesso modo una linea molto dura sull’immigrazione illegale».

Parole che di sicuro avranno fatto piacere a Matteo Salvini, in attesa di vedere diventare legge il suo decreto sicurezza. Ieri Forza Italia ha provato a superare a destra il Carroccio. Il partito di Berlusconi ha presentato gli emendamenti al decreto all’esame della commissione Affari costituzionali del Senato. Cento proposte di modifica tra le quali ne spicca una che chiede l’abolizione del reato di tortura varato dall’ultimo governo di centrosinistra. «Rende più difficile il lavoro delle forze dell’ordine», hanno spiegato i forzisti con l’intento, tutto politico, di provare ad aprire una nuova crepa nella maggioranza giallo verde. Tentativo che però è morto sul nascere, stroncato dal sottosegretario agli Interni Nicola Molteni: «Questa proposta non è nel contratto di governo, e noi a quello ci atteniamo», ha detto il leghista chiudendo così la polemica.

Lunedì in commissione comincerà il voto degli emendamenti che dovrebbe concludersi in tempo per permettere al provvedimento di arrivare all’esame dell’aula per il 5 novembre, come previsto. Nel frattempo continua la «resistenza» dei dissidenti grillini. Due di loro, la senatrice Paola Nugnes e il presidente della Commissione affari costituzionali della Camera Giuseppe Brescia, hanno partecipato ieri a un’iniziativa del Tavolo per l’asilo dove non sono mancate critiche al provvedimento. «Più che un decreto sicurezza è un decreto insicurezza» ha attaccato Nugnes, che condivide le preoccupazioni già espresse dall’Anci prevedendo tra gli effetti delle nuove misure un aumento degli immigrati irregolari. «Si poteva arrivare a sbarchi zero in tanti modi, ma non avendo 120 mila irregolari sul territorio», ha spiegato la senatrice napoletana. «Ci saranno gravi conseguenze per il Paese, ci sarà un aumento della illegalità perché gli irregolari non potranno essere rimpatriati». «Stiamo cercando di arginare gli elementi negativi del dl», ha proseguito Brescia. Una volta licenziato dal Senato il provvedimento arriverà proprio nella prima commissione della Camera da lui presieduta. Dove si spera di riuscire a rimettere mano almeno ad alcuni articoli. «Ho sempre sponsorizzato gli Sprar – ha spiegato Brescia – e per me è stato molto sorprendente che, invece, nel decreto questi vengono di fatto smantellati. Questo porterà certamente tensioni sui territori e lo stiamo facendo presente».

Tra i dissidenti 5 Stelle cresce il malumore per come sta procedendo la discussione sui vari decreti del governo. E se il senatore Gregorio De Falco non perde occasione per ribadire pubblicamente di non avere nessuna intenzione di ritirare gli emendamenti presentati al dl sicurezza, altri preferiscono l’anonimato. «Stiamo regalando voti alla Lega senza averne nessun beneficio», si sfogava ieri sera una parlamentare. «Sul decreto sicurezza ci saremmo aspettai un clima di maggiore fiducia e che qualcuna delle istanze che abbiamo avanzato venisse accolta, invece niente», ammette con amarezza. Come se non bastasse sempre ieri Molteni ha annunciato otto emendamenti del governo al testo, tra i quali uno che prevede la creazione di una lista di Paesi sicuri per accelerare l’esame delle richieste di asilo, affidando al rifugiato l’onere di dover dimostrare che la sua vita sarebbe in pericolo nel caso venisse rimpatriato. «Questo significa prendere blocchi di persone e rimandarle indietro, ma significa anche prendere a schiaffi chi, come noi, chiede di migliorare il decreto», spiega la parlamentare. Decisa come i suoi colleghi a dare battaglia. Salvini, e Di Maio, permettendo ovviamente.