Era l’inizio degli anni Ottanta e la sezione italiana di Amnesty International stava muovendo i suoi primi passi. Eravamo sconosciuti all’opinione pubblica e guardati con diffidenza da entrambi gli schieramenti politici: criticavamo chiunque, da destra o da sinistra, violasse i diritti umani, senza fare distinzioni, senza guardare in faccia nessuno. Ottenere, all’epoca, un trafiletto nella pagina interna di un quotidiano era, in termini di visibilità, un grande successo.

Fu allora che «il manifesto» diede spazio, in prima pagina, al nostro rapporto sugli arresti del 7 aprile del 1979, riferendo anche della nostra decisione di adottare alcuni degli arrestati come «prigionieri di coscienza». L’editoriale di Rossana Rossanda, intitolato «Brava Amnesty!», rappresentò un segnale, tanto forte quanto inconsueto nel panorama del tempo, di fiducia nei confronti dell’atteggiamento imparziale di Amnesty International.

Da allora, «il manifesto» ha sempre mostrato attenzione e rispetto per le nostre denunce, anche quando le sue posizioni non coincidevano con le nostre. In particolare, ha riservato un’attenzione costante al problema dei diritti umani in Italia, informando su questioni scomode, adottando posizioni non conformiste e non compromissorie rispetto alle asserite esigenze di «voltare pagina» o di «mettere una pietra sopra». Spero sinceramente che la voce libera, fuori dal coro, del manifesto possa continuare, anche nel 2014, a dare il suo contributo prezioso alle battaglie per la libertà, la giustizia e i diritti umani, ovunque nel mondo.