0ltre alla narrativa che si è sforzata di raccontare la pestilenza del XXI secolo, esiste quella che è stata forzosamente generata dalla moratoria dei contatti umani: il nuovo libro di Alan Moore, Illuminations è tra questi (Fanucci, trad. Tessa Bernardi, pp. 453, € 17,00) ed è a tutti gli effetti leggibile come il luogo narrativo in cui l’autore inglese – che ha lavorato con alcuni dei più brillanti disegnatori dell’arte sequenziale, contribuendo a dare un nuovo status culturale alla narrazione grafica –  traccia un bilancio della sua nuova attività di scrittore senza più immagini, e riflette sul suo passato. Che di un consuntivo si tratti lo si capisce se si considera che parte del materiale di questa antologia era già uscito su riviste e in raccolte, tra il 1987 e il 2019: sono cinque scritti assai diversi, ma accomunati dall’uso virtuosistico della lingua inglese e delle strutture narrative (soprattutto di quelle temporali). Notevole il racconto «Nemmeno leggenda», strutturato su due narrazioni che procedono in senso opposto; e sperimentale al limite dell’azzardo «L’improbabile complessità dello stato dell’alta energia», che racconta con pirotecnie verbali i primissimi istanti del Big Bang.

Ma sono i quattro pezzi finali a costituire il vero valore aggiunto di questo volume, soprattutto il racconto che dà il titolo all’intera raccolta, una storia di viaggio nel tempo di una lacerante intensità emozionale, che manifesta come il sogno (o forse l’incubo) del ritorno al passato sia la materializzazione narrativa della nostalgia di una infanzia che tutti dobbiamo perdere; è ironicamente spiazzante «Luce americana: una valutazione critica», pastiche memore del Nabokov di Fuoco pallido, dove Moore commenta l’opera di un poeta beat dimenticato, imitando lo stile declamatorio di Allen Ginsberg. Quanto a «Cosa ci è dato sapere su Thunderman», le sue dimensioni (oltre 200 pagine) depongono a favore del romanzo più che del racconto: vi si narra con sarcasmo corrosivo e una trama del tutto non-lineare, che salta ripetutamente dagli anni Cinquanta al presente, la storia di un gruppo di scrittori e disegnatori di fumetti che lavorano per l’editrice American, dietro la quale è inevitabile scorgere la DC Comics per cui Moore ha lavorato fino alla clamorosa rottura avvenuta nel 1989. Sta in queste pagine il nucleo centrale della raccolta, nel quale Moore scrittore riflette sulla sua carriera di fumettista, e in particolare su quell’universo immaginativo di supereroi in cui  ha lasciato una traccia duratura.