Ultimo giorno di Mostra ma già da qualche giorno è iniziata la corsa a indovinare i Leoni. Al di là di chi sarà premiato questa edizione numero 80 ha vinto la sua prima scommessa, quella col pubblico, i numeri tra biglietti e accrediti sono in aumento rispetto allo scorso anno nonostante la temutissima defezione dei divi per lo sciopero a Hollywood. Intanto ieri in concorso con l’ultimo dei sei titoli italiani, Lubo di Giorgio Diritti, è arrivato Holly, che è anche uno dei pochi titoli a firma di una regista, Fien Troch. Belga, già premiata al festival nella sezione Orizzonte con Home (2016), racconta qui una storia dell’adolescenza che è incanto e mistero concentrati nella figura della giovane protagonista, Holly una ragazza solitaria, che vive con la madre e la sorella, proletariato urbano di case trascurate, cibi di scarto al supermercato, tv sempre accesa. Holly non ha amiche a scuola la bullizzano anche se lei non se la prende, la chiamano «la Strega», il solo amico che ha è un suo compagno di scuola con disturbi di comportamento che se va in giro col cane, un bellissimo Bob Tail dal nome ignoto.

SONO DUE OUTSIDER ma lui quando è con Holly non è aggressivo, anzi si placa. Poi accade che una mattina Holly non va scuola perché ha un «brutto presentimento», e infatti ci sarà un grosso incendio nel quale muoiono diversi studenti. Un trauma per la comunità e per i ragazzi su cui lavora la psicologa scolastica, anche il suo compagno è rimasto sotto shock dopo la tragedia. Lei prova a comporre le fratture e trova in Holly una taumaturga inconsapevole: è come se la ragazza avesse il dono di dare tranquillità alle persone, di pacificare il loro dolore, e al tempo stesso di dialogare con i ricordi e con chi non c’è più.

È SU QUESTO bordo fra una ferita collettivo e le reazioni che provoca, insieme al bisogno di trovare risposte che lavora la regia di Troch, in un film che lei definisce «schizofrenico» alludendo alla situazionedi follia in cui si svolge. Holly non è qualcuna che parla alla Madonna, e promette miracoli, appare più come schermo e catarsi delle angosce che su di lei si proiettano. Forse non c’è una reale differenza, nel senso che in fondo anche questo è un «miracolo» per la madre che ha perduto la figlia o per il ragazzo che non ha più la mamma, sentire che mandano dei segni di amore tramite Holly sembra come dar loro una nuova serenità.Al centro del film una ragazzina con uno speciale dono taumaturgico

IN UN CERTO senso l’adolescente è il contrappunto della donna psicologa che appare disarmata persino di fronte a se stessa, nella sua ossessione di maternità che la rende folle – al punto da detestare ogni altra madre. E soprattutto nell’uso cinico, e senza protezione di una adolescente, che questa «catena miracolosa» rischia di essere travolta perdendo quella distanza dal mondo che la protegge e la avvicina agli altri. Ma gli adulti nel mondo di Holly sono tutti poco sintonizzati e più pieni di bisogni che di capacità di ascolto. Le piste che Troch mette in campo sono molte, la giovane interprete di Holly, Cathalina Geeaerts ha una bella energia a dare corpo alla lontananza dalle cose del suo personaggio, e la visualità di primi piani e scarti improvvisi ha una sua efficacia a restituire il disagio emotivo di quella realtà.
Ciò che manca è forse una tenuta, un controllo di questa materia quasi che la regista vi si perda lasciandosi sfuggire i suoi obiettivi, e fermandosi a una scrittura (sua è anche la sceneggiatura) e alle preoccupazioni di stile che non lasciano spazio a una maggiore (e necessaria) libertà.