L’attivista per l’indipendenza pacifica dei Saharawi, Aminatou Haidar, in un’intervista all’Afp ha invitato la comunità internazionale ad «agire senza perdere tempo per evitare che la situazione possa condurre a una guerra».

La 52enne attivista saharawi, celebre per la promozione della resistenza pacifica all’occupazione marocchina e soprannominata «Gandhi del Sahara occidentale», riceverà a Stoccolma uno dei premi più prestigiosi nel campo dei diritti umani, il Right Livelihood Award, noto come Nobel alternativo.

Haidar ha affermato che le Nazioni Unite e l’Europa – in particolare Francia e Spagna – hanno la responsabilità morale di «dover evitare la guerra nella regione, perché i giovani non hanno più pazienza e non credono più nella resistenza pacifica, dopo 45 anni di occupazione».

«Senza il sostegno dell’Europa, il Marocco non continuerebbe a saccheggiare e sfruttare le risorse naturali del mio popolo – ha denunciato – La principale colpa è proprio della comunità internazionale che non ha fatto applicare le risoluzioni Onu a favore del legittimo diritto all’autodeterminazione del popolo saharawi».

Nel suo discorso Aminatou Haidar ha fornito un quadro dettagliato della situazione degradante nel Sahara occidentale, aggiungendo che «purtroppo l’opinione pubblica europea non ne è a conoscenza», a causa del blocco mediatico imposto dalle autorità marocchine e della permanente restrizione alle libertà di espressione, associazione e riunione nei territori occupati: «Rabat continua non solo a sfruttare le risorse di un territorio occupato illegalmente, ma ha incrementato la repressione con arresti arbitrari, torture inflitte ai prigionieri politici oltre a un aumento spropositato di altre migliaia di mine, di produzione europea (italiane e francesi, ndr), lungo il muro della “vergogna”».

La risoluzione 2494, dello scorso 30 ottobre, ha prorogato di un altro anno il mandato della missione di pace Minurso, considerata ormai dal Fronte Polisario «una missione che mira a consolidare l’occupazione marocchina del territorio saharawi e a mantenere lo status quo».

Una situazione di stallo permanente a causa anche delle recenti dimissioni dell’inviato per il Sahara occidentale, il tedesco Horst Kohler, con la motivazione che «esiste la volontà di alcuni membri permanenti del Consiglio di Sicurezza Onu (in riferimento alla Francia, ndr) di ostacolare sia un maggior monitoraggio del rispetto dei diritti umani nei territori occupati che l’organizzazione di un referendum».

C’è preoccupazione per una possibile escalation, anche in previsione dell’imminente congresso del Fronte Polisario, il 19 dicembre. In una recente intervista il presidente della Rasd (Repubblica araba democratica saharawi), Brahim Ghali, ha affermato che «nonostante l’ostruzionismo del Marocco, il Polisario ha costantemente esercitato moderazione per una soluzione pacifica, ma senza una forte risposta dell’Onu, ci vedremo costretti a riprendere una guerra di liberazione che forse a questo punto diventa inevitabile».