Precipita la situazione in Libia dove il Generale Haftar, l’uomo forte della Cirenaica e capo dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) ha dato il via all’«offensiva decisiva» per prendere Tripoli. «Adesso è giunto il momento dell’ora zero. Avanzate nostri eroi» ha detto il leader militare in un breve discorso televisivo. Il Generale – che assedia da aprile la capitale libica «per eliminare i terroristi» che sostengono il Governo di Accordo nazionale (Gna) sostenuto dalla comunità internazionale – ha poi provato a tranquillizzare i civili dicendo di aver dato ordine ai suoi soldati «di rispettare le case e le proprietà private».

Le dichiarazioni bellicose di Haftar, che fanno il paio con quelle anti-turche del suo ammiraglio Faraj al-Mahdawi del giorno precedente, certificano che la Libia post-gheddafiana, “dono” della guerra Nato del 2011, scivola sempre più nel baratro. E se il Generale attacca, Tripoli risponde. Prima con il ministro dell’interno Fathi Bishaga: «Siamo pronti a respingere qualsiasi ulteriore folle tentativo da parte del golpista Haftar». Poi con il premier al-Sarraj che parla di «altro tentativo disperato» del capo dell’Lna perché «non c’è alcuna ora zero ma solo illusioni».

A una «soluzione politica» hanno fatto appello ieri Francia, Germania e Italia che hanno chiesto a tutte le parti libiche e internazionali di smettere di combattere e di rimettere in moto un «negoziato credibile» sponsorizzato dall’inviato dell’Onu Ghassan Salamah.

Da Roma, intanto, il ministro degli Esteri Di Maio ha confermato la solidarietà al governo Serraj: «Se Haftar dovesse entrare a Tripoli, si determinerà un’altra guerra civile» ha avvertito, ribadendo l’impegno dell’Italia per la conferenza di Berlino di gennaio «in cui metteremo intorno a un tavolo tutti gli attori per avere il cessate-il-fuoco». «Non possiamo permetterci di avere una guerra civile alle porte dell’Italia» ha aggiunto, sottolineando del resto come in questi mesi in Libia abbiano terreno facile i gruppi terroristici.

A vestire i panni del pompiere sono anche i russi che invitano le parti rivali al «dialogo». Resta da capire con quale credibilità Mosca – sponsor di Haftar, che nella battaglia di Tripoli è sostenuto anche da alcune centinaia di contractor del gruppo Wagner, sorta di braccio armato del Cremlino attivo negli scenari che Mosca ritiene strategici – chieda di abbassare i toni.