Il giorno dopo il Sì alla GroKo del congresso Spd di Bonn, Martin Schulz raccoglie i cocci della sua «vittoria». Il placet al negoziato con Merkel spiana la strada al governo social-democristiano auspicato dal presidente federale e dall’Europa, ma la linea politica del segretario ha spaccato in due il partito. Con la mozione del leader, domenica si sono schierati solo 83 delegati in più dei 279 oppositori (il 56%) mentre si avvicina l’incognita del referendum degli iscritti previsto per febbraio. Al contrario dei dirigenti, restano ancora tutti da convincere.

Comunque, ieri sera è partito il primo summit del terzo round tra Schulz, Merkel e il presidente Csu Seehofer, seppure solo per definire «basi, struttura e persone» del negoziato, conferma il leader Spd. La cancelliera, invece, vorrebbe iniziare a trattare fin da subito, visto che «la costruzione procede». Ottimismo moderato. Del resto, «siamo tutti sollevati» aveva scandito l’altro ieri Schulz, assicurando anzitutto di volere tenere unito il partito e non cedere sui migranti: «Non accetterò mai il tetto ai profughi. E mi confronterò con i critici nella Spd».

 

juso

Il primo rimane il leader degli Juso Kevin Kühnert, che domenica ha lottato fino all’ultimo contro la GroKo con l’appello a «essere nani oggi per tornare giganti domani». Il capo dei giovani socialisti non si è arreso dell’evidenza del risultato acquisito soprattutto dalla capogruppo Andrea Nahles, sempre più supplente di Schulz. I media tedeschi, di qualunque orientamento, attribuiscono (solo) al suo appello il merito della vittoria della mozione della «vecchia guardia».

Nei fatti, è stata la ministra del lavoro a strappare il via al giro finale di trattative con l’Union dimostrando la debolezza intrinseca di Schulz: vincente eppure più flebile che mai. Da Bonn il segretario torna con «un occhio nero» come sintetizza il quotidiano Badisches Tagblatt, ed è pure colpa sua secondo la Süddeutsche Zeitung: «Partito come candidato che non voleva avere a che fare con la GroKo, ha poi fatto finta che si potesse contaminare Merkel. Se la base Spd gli voterà contro è perché non lo avrà dimenticato». 

schulz

 

 

La sua leadership – riconfermata a dicembre – vacilla sotto i colpi di nemici interni e amici esterni. Sintomatico il «bacio della morte» dell’uomo di Merkel a Bruxelles. «Il Sì della Spd è un’ottima notizia per l’Europa più unita, forte e democratica» è il tweet di Martin Selmayr, capo-gabinetto del presidente della Commissione Ue. Ma per il vice di Nahles, Karl Lauterbach, «resta il più grande risultato congressuale degli ultimi 15 anni, anche se ora dovremo guidare un negoziato duro. I tempi? Mi auguro non più due settimane».

In realtà la road-map della GroKo è appesa al ruolino che nessuno a Berlino si azzarda a dettagliare. Di certo, solo che da ieri è ufficialmente in piedi il nuovo giro d’incontri Schulz-Merkel anche se in queste ore gli sherpa lavorano solo per definire il calendario.

Base di partenza: il «contratto di coalizione» chiuso il 12 gennaio di cui si dovranno definire i punti abbozzati. La deadline, comunque, non dovrebbe superare metà febbraio per dare spazio al referendum di ratifica degli iscritti, che nel 2013 durò una settimana. Ancora due giri della giostra politico-istituzionale, dunque; se andrà bene il nuovo governo arriverà entro Pasqua.

Intanto a Berlino si registra il voto pro-GroKo della federazione locale della Cdu (che nella capitale non governa più con i socialisti) mentre Annegret Kramp-Karrenbauer, premier della Saar, esclude che si ridiscutano i cardini del contratto: «Logico che la Spd voglia aprire nuovi punti, ma non può smontare quelli appena approvati».

Eppure è proprio quello che deve fare Schulz per incassare il voto dei 440 mila iscritti. C’è da cambiare il compromesso sul pacchetto sanitario (che secondo la deputata della sinistra-Spd Hilde Mattheis non equivale all’assicurazione di cittadinanza), elevare l’aliquota fiscale massima per gli alti redditi (che Merkel rifiuta) e riprendere il tema ambientale. Oltre a cassare la stretta sui migranti imposta dalla Csu.

«Ora viene la parte più importante – avverte Kühnert, sempre e comunque in versione “resistente” – dovremo convincere i nostri iscritti che siamo noi nel giusto».