Terza Grande coalizione con Angela Merkel e i bavaresi, e nuovo governo entro Pasqua. Oppure ritorno anticipato alle urne tra fine aprile e inizio maggio.
Il destino della Germania (e dell’Europa) resta inesorabilmente appeso al risultato del referendum dei 600 delegati Spd riuniti in congresso straordinario al World Conference Center di Bonn.

Dalle 11 di stamattina verranno chiamati a ratificare ufficialmente le 28 pagine del «contratto di coalizione» con Cdu e Csu che il segretario Martin Schulz ha firmato la notte del 12 gennaio. Sarà il penultimo via libera all’accordo che vincola all’alleanza con i democristiani per l’intera legislatura, prima della parola agli iscritti prevista per metà febbraio. Eppure, nonostante il meccanismo oliato, sarà tutt’altro che una pura formalità.

«Il nuovo esecutivo è urgente. Altrimenti si corre verso nuove elezioni» è l’ultimo disperato appello di Schulz. Non smuove comunque una virgola del dissenso alla formula politica bocciata dagli elettori appena quattro mesi fa. Dalla protesta frontale dei Giovani socialisti guidati da Kevin Kühnert, alla disobbedienza conclamata nelle federazioni “di peso” come Berlino, Nordreno-Vestfalia, Assia e Sassonia-Anhalt.

Mentre i big del partito continuano a mostrare palesi difficoltà a spiegare il clamoroso e improvviso dietro-front della dirigenza Spd. Ultima a tentare, la vice presidente Manuela Schwesig, governatrice del Mecleburgo-Pomerania, che a settembre giurava sulla «fine del rapporto» con Merkel ma ieri ha provato fino a sera a convincere chi ha mantenuto la (sua) vecchia idea.

Per tutti, in ogni caso, la posta in gioco è massima. «A Bonn si terrà un voto fondamentale non solo per la Germania ma anche per l’Europa, oltre che per il mio partito» riassume Schulz a beneficio dei media nazionali, che non si sbilanciano sull’esito del voto odierno ma in compenso si concentrano sul crollo della Spd nei sondaggi (dal 20,5 del voto federale al 18% della rilevazione Forsa di mercoledì scorso).

È la linea quasi obbligata cui si attengono i massimi dirigenti Spd, compreso chi obbedisce e combatte nel più totale scetticismo e con scarse aspettative. L’altro vice Spd, Ralf Stegner, rimane un supporter dichiarato della riedizione dell’alleanza con l’Union ma nutre forti dubbi sul mantenimento della parola appena scritta. La sua accusa di violazione dei patti a Cdu-Csu risale all’attuale contratto di coalizione – tuttora in vigore – che «non ha dato seguito alle misure promesse nel 2013 su pensioni e lavoro full-time».

Ultima a riallinearsi, la giovane e influente ex ministra Schwesig che ha cercato di smussare gli spigoli su cui potrebbe incagliarsi Schulz pur ribadendo le riserve sulla terza GroKo. «Continuo a pensare che fosse più giusta la decisione presa la sera delle elezioni. Avrei preferito, cioè, che fossimo andati all’opposizione per i prossimi quattro anni».

Tuttavia, la lunghissima parola d’ordine nel nuovo corso Spd è: «Possiamo riscattare i provvedimenti inevasi solo se ci assumiamo insieme la responsabilità – ricorda Schulz – perciò vale la pena avviare i negoziati di coalizione con i cristiano democratici». L’ex presidente dell’Europarlamento non dice, però, che oggi si gioca anche la sua carriera da segretario della Spd né che, sempre secondo i sondaggi, i tedeschi rimpiangono già l’era passata di Sigmar Gabriel, non certo ascrivibile alla voce “bei tempi”.

Ma il leader Spd sorvola anche sul tema dei migranti, merce di scambio nelle trattative con la cancelliera Merkel e il presidente bavarese Horst Seehofer in un accordo oggettivamente al ribasso.

Il rating sui ricongiungimenti familiari (barattato con il tetto di 220mila profughi l’anno con la Csu) si rivela una goccia di fronte all’esigenza attuale di riunire almeno 50-60 mila persone ogni trenta giorni.

«Mille pratiche al mese non bastano» conferma Josip Juratovic, responsabile immigrazione Spd al Bundestag; in più nell’accordo di governo rimane la regola secondo cui il coniuge può giungere in Germania solo se già sposato “a casa sua”. Senza contare che in futuro i paesi di origine dei rifugiati saranno considerati «sicuri» in automatico se vanteranno “solo” il 5% delle richieste di asilo.

In parallelo, da Sofia si registra il “siparietto” di Merkel ieri in visita di Stato in Bulgaria. All’auspicio del primo ministro Bojko Borissov che «il motore dell’Europa faccia presto a costruire il nuovo governo», la cancelliera ha replicato sbuffando: «Aspettiamo il risultato del congresso Spd…».