Un’indagine del Guardian, basata sull’esame di documenti interni del Dipartimento di Stato Usa e su interviste con persone che hanno familiarità con le sue deliberazioni, ha mostrato come negli ultimi anni siano state utilizzate procedure speciali per proteggere Israele dalle leggi statunitensi in difesa dei diritti umani, mentre altri soggetti militari alleati degli Usa e che ne ricevono il sostegno (tra cui, secondo le fonti, anche l’Ucraina) sono stati sanzionati e hanno subito conseguenze per aver commesso violazioni dei diritti umani.

Due pesi e due misure: dal 2020 gli alti funzionari statunitensi hanno esaminato più di una dozzina di episodi di presunte gravi violazioni dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza israeliane, ma nonostante ciò hanno fatto di tutto per preservare l’accesso continuo di Israele alle armi statunitensi, contribuendo così all’evidente senso di impunità con cui Israele sta affrontando la guerra a Gaza.

PER FARE questo i funzionari del Dipartimento di Stato hanno dovuto aggirare una legge degli anni ’90, la legge Leahy, che prende il nome dal senatore del Vermont, ora in pensione, Patrick Leahy. Era stata approvata per impedire la complicità degli Stati uniti nelle violazioni di diritti umani da parte di unità militari straniere. Nel caso di Israele sono state messe in atto politiche straordinarie interne al Dipartimento, anche se non ci sono tracce di accordi speciali di questo tipo per nessun altro paese alleato degli Stati uniti.

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In una dichiarazione rilasciata al Guardian, Leahy ha dichiarato che lo scopo della legge che porta il suo nome è quello di proteggere gli Stati uniti e scoraggiare ulteriori violazioni. «Ma la legge non è stata applicata in modo coerente – ha detto l’ex senatore – e ciò che abbiamo visto in Cisgiordania e a Gaza ne è un chiaro esempio. Per molti anni ho esortato le amministrazioni statunitensi ad applicare la legge in quel paese, ma non è avvenuto».

Tra gli incidenti esaminati dal quotidiano britannico figurano l’uccisione di Shireen Abu Akleh, la giornalista palestinese-americana uccisa dalle forze israeliane nel maggio 2022; il caso di Omar Assad, un palestinese-americano di 78 anni, morto nel gennaio 2022 dopo essere stato tenuto in custodia israeliana; e la presunta uccisione extragiudiziale di Ahmad Abdu, un 25enne ucciso dalle forze israeliane mentre era seduto nella sua macchina nel maggio 2021.

CHE ISRAELE goda di un tacito statuto speciale è ormai sotto gli occhi di tutti e lo dimostra anche la bocciatura al Senato della risoluzione presentata dall’attuale senatore del Vermont, Bernie Sanders, sulle violazioni commesse da Israele con le armi Usa. Il Senato ha votato 72 contro 11 la risoluzione 504 in cui si chiedevano chiarimenti sulle pratiche di Israele in materia di diritti umani e sulle azioni del governo statunitense a sostegno di Tel Aviv.

Se fosse passata avrebbe richiesto al segretario di Stato di fornire informazioni sul rispetto da parte di Israele in tempo di guerra dei «diritti umani internazionali e del diritto umanitario». Degli 11 sostenitori, solo quattro hanno chiesto un cessate il fuoco a Gaza: Elizabeth Warren, Peter Welch, Jeff Merkley e Dick Durbin

Prima del voto, Sanders aveva scritto su X: «Non dovrebbe essere problematico chiedere come vengono utilizzate le armi statunitensi. Tutti noi dovremmo volere queste informazioni. Anche per chi crede che Israele non abbia fatto nulla di male, allora queste informazioni dovrebbero sostenere la sua convinzione».