Aboubakar Soumahoro conclude gli «Stati popolari» con un discorso da leader politico più che da sindacalista. Sono da poco passate le 20 e su piazza San Giovanni, nel cuore di Roma, tira finalmente una brezza leggera che rinfresca i corpi accaldati da quattro ore di interventi. «Non saremo liberi finché avremo fame», dice Soumahoro. La voce è potente, rimbalza sulla basilica lateranense e sulla chiesa di San Lorenzo in Palatio e torna indietro con l’eco. Gli occhi dei manifestanti che hanno sfidato il sole di luglio sono tutti puntati su di lui. Ipnotizzati. Decine di cellulari si sollevano a riprendere...