I contadini, la categoria più flagellata dall’alluvione in Emilia-Romagna, guardano al proprio terreno, cercando di quantificare i danni subiti mentre scrutano il cielo – e le previsioni meteo – pronti alla nuova ondata di pioggia prevista per il fine settimana. Sperando si riveli meno disastrosa di quella appena trascorsa.

Carlo Farneti, agricoltore
L’acqua a fiotti ha eroso i campi. Abbiamo una grande perdita di suolo organico. È un danno che difficilmente rientra nelle stime ufficiali
I NUMERI si rincorrono per tutta la mattina tra le agenzie e i comunicati stampa. «Danni incalcolabili» è una locuzione ripetuta da politici e associazioni di categoria. Stefano Bonaccini, presidente di Regione, ha parlato in diretta televisiva di «alcuni miliardi» di perdite. La Coldiretti, che rappresenta le imprese agricole, già nei giorni scorsi aveva citato 300 milioni di danni per il suo settore. Una cifra destinata a salire. Confagricoltura stima più di 1.5 miliardi per il solo territorio delle province di Forlì-Cesena e Rimini. Sono questi gli ordini di grandezza di cui realisticamente sentiremo parlare nei prossimi giorni.

Di certo c’è che il nubifragio ha colpito in modo inaudito un territorio già piegato dalla siccità dei mesi scorsi. Coldiretti scrive di 5.000 aziende agricole sott’acqua. Decine di migliaia di ettari sommersi hanno rovinato le colture di kiwi, susine, uva, mele, pere, ortaggi e cereali. Anche la zootecnia, largamente diffusa in modalità intensiva lungo buona parte dell’Emilia Romagna, è danneggiata. Si registrano animali affogati e difficoltà a sfamare e dissetare quelli rimasti in vita. Gli allevatori non possono abbandonare le zone a rischio, avendo la responsabilità dei capi di bestiame.

Lorenzo Falcioni è vice presidente della sezione romagnola della Confederazione Italiana Agricoltori. Lo raggiungiamo al telefono mentre torna da un giro di ricognizione coi tecnici. «È prematuro dare numeri per quanto riguarda i danni» ci dice. «Abbiamo aziende agricole ancora isolate, e ci stiamo preparando a nuove piogge. Non siamo usciti dall’emergenza». Anche per lui, comunque, il metro da usare è tarato sui miliardi. «Nei prossimi giorni avremo un quadro più completo delle perdite economiche». Cosa chiedete alle autorità? «Il nostro presidente nazionale Cristiano Fini lo ha detto in cabina di regia: è come per il terremoto. Vogliamo rimetterci a lavorare. Ci serviranno fondi, tanti, ed evitare l’accumulo di burocrazia. Dobbiamo essere pragmatici».

Carlo Farneti fa parte di Campi Aperti, una rete di contadini del bolognese che fa agricoltura biologica venduta all’infuori della grande distribuzione. «La situazione è grave. Abbiamo subito il collasso delle infrastrutture, specie stradali. Molti dei nostri contadini sono ancora isolati. In pianura soffriamo per le alluvioni, in collina per le frane». Farneti ci parla di uno dei danni del nubifragio meno considerato nel dibattito di queste ore. «L’acqua a fiotti ha eroso i campi. Abbiamo una grande perdita di suolo organico. È un danno che difficilmente rientra nelle stime ufficiali, ma reale e concreto». Il dito è puntato contro le amministrazioni locali. «Non ci servono opere come il passante di mezzo – il previsto allargamento dell’autostrada costeggiante Bologna – che impermeabilizzano nuovo solo. Al contrario, abbiamo bisogno di infrastrutture per il contenimento e la raccolta dell’acqua». Farneti usa un termine forte per descrivere la situazione che sta vivendo l’Emilia Romagna: «Collasso climatico».

NEI PROSSIMI GIORNI arriveranno stime più precise dei danni, e la palla passerà alle istituzioni – in primis il governo. Di certo risollevare l’agricoltura regionale avrà un costo importante per le casse pubbliche. Sperando – come dicono gli agricoltori – che le prossime piogge non allunghino la già eccezionalmente corposa lista delle perdite.