Bisogna aver dimenticato quello che succedeva vent’anni fa esatti, in giornate come questa, per raccontare dell’inaugurazione solenne dell’anno giudiziario in Corte di Cassazione come di un momento di tensione tra magistratura e politica. Certo, il ministro Nordio, che ieri mattina ha ascoltato in prima fila la relazione del primo presidente Curzio prima di intervenire brevemente, in tre mesi ha fatto tutto il possibile per mettere in allarme le toghe. Non con fatti o proposte di legge ma con una sequenza micidiale di dichiarazioni e annunci. Eccolo però, il ministro, giurare adesso di «credere nella sacralità dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura». E farlo sotto lo sguardo del presidente Mattarella che nell’ultima settimana glielo ha ricordato quasi ogni giorno. E farlo subito prima di andare a incontrare la presidente del Consiglio che lo pregherà di stare più accorto. Così le barricate difensive del presidente Curcio sono solo quelle della ragionevolezza, quando ricorda che la situazione della giustizia – arretrati, tempi dei processi – è in lento miglioramento e il problema semmai è «il ritmo legislativo incalzante» che ha fatto assumere all’ordinamento giuridico «le sembianze di un labirinto». Meglio quindi che il ministro pensi bene, prima di partire con altre riforme.

Vent’anni esatti fa l’anno giudiziario si apriva con il procuratore generale della Cassazione che lungamente infilzava il lì presente capo del governo, Silvio Berlusconi, e i suoi propositi di stravolgimenti del codice penale a uso personale. E con i magistrati che preparavano le copie della Costituzione con le quali sfilare nei distretti per «resistere, resistere, resistere», Nel frattempo il rito stesso è cambiato, il pg è un comprimario e il protagonista è adesso il (generalmente) più compassato primo presidente. Il (la) presidente del Consiglio non è più invitato, la cerimonia per il Covid abbreviata e sterilizzata. E così le tensioni – che c’erano l’altro ieri e torneranno domani – scivolano in secondo piano, dietro la compostezza degli abiti da cerimonia. Il ministro si contiene. Il neo eletto vicepresidente del Csm dà immediata prova della sua annunciata diplomazia: «Parleremo poco e lavoreremo tanto», dice Fabio Pinelli. Che promette «ascolto» di tutti i consiglieri e «leale collaborazione» con i poteri dello stato. Qualcosa in più dice quando disegna l’ideale di magistrato: «Si distingua per il rigore professionale, il riserbo in tutti i comportamenti e il rispetto della dignità delle persone». Parole che vanno quasi a braccetto con quelle del pg Luigi Salvato (verosimilmente un suo elettore nel plenum del Csm di mercoledì): «Compito della giustizia penale è giudicare fatti, non processare la storia, né influire sull’assetto politico». Intanto ad alterare la cura con la quale Pinelli si è voluto presentare come indipendente ci prova Salvini, che pensa bene di intestarsi il colpaccio: «Lo conosco e lo stimo da anni, lavora benissimo, lo abbiamo proposto noi ed è un amico».

Pietro Curzio legge la sua ultima relazione sull’anno giudiziario: andrà in pensione ai primi di marzo. Alle sue spalle siede la presidente aggiunta, Margherita Cassano, che tra pochi giorni potrebbe diventare – lo deciderà proprio il nuovo Csm – la prima presidente donna al vertice della Cassazione. Il quadro che presenta Curzio è di «lento ma progressivo miglioramento». C’è un contenuto calo del «contenzioso» (il carico delle cause) sia nel civile che nel penale, mentre il tempo di durata dei processi che secondo gli impegni del Pnrr dovrà diminuire del 40% nel civile e del 25% nel penale entro il 2026 si è ridotto ancora troppo poco (risultato migliore nelle corti di appello penali, dove il calo della durata è stato del 14,7%). La Cassazione può vantarsi di traguardi più alti. Nel penale, sostiene il primo presidente, è già stato raggiunto l’obiettivo di riduzione dei tempi fissato per il 2026, nel civile si raggiungerà senz’altro e potrà essere superato. Quanto ai reati, sempre molto bassi gli omicidi: trent’anni fa erano quasi duemila l’anno, nell’anno passato appena 310. I reati violenti che preoccupano, secondo Curzio, sono ancora quelli commessi in famiglia o all’interno degli affetti, vittime invariabilmente le donne, e le morti sul lavoro che anche nel 2022 sono state più di mille.

Agli ospiti, e soprattutto al ministro che ha il compito costituzionale di garantire «organizzazione e funzionamento» del servizio giustizia, la relazione ricorda i buchi nelle piante organiche degli uffici giudiziari. I posti scoperti nelle cancellerie sono persino in aumento, mentre gli assunti per l’ufficio del processo sono tutti a tempo. Soprattutto, in Italia mancano quasi 1.500 magistrati. Oggi sono meno di 12 ogni 100mila abitanti laddove in Germania sono 25. È a questo che bisognerebbe pensare prima di lanciarsi in nuove modifiche dei codici, è il senso molto chiaro del discorso di Curzio. Anche perché siamo appena in un momento di applicazione di una riforma (Cartabia) «come sempre la fase più critica e delicata». Non solo, stavolta «il programma originariamente fissato dal legislatore è stato da ultimo modificato, il che crea un motivo aggiuntivo di criticità perché disarticola la programmazione dei nostri uffici», scrive il presidente nella relazione, criticando le prime scelte di via Arenula. Ma questo passaggio decide di non leggerlo. È stata in fondo una giornata tranquilla.