Tanti soldi per pochi. Il Superbonus al 110% e gli altri bonus edilizi valgono più del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Per Giuseppe Pisauro, docente di scienze delle finanze alla Sapienza di Roma e già presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), il Superbonus «è stata una delle maggiori assurdità della storia della finanza repubblicana».

Perché assurda?

Torniamo al 2020, in quel momento poteva avere senso l’idea di un intervento che fosse uno choc positivo per l’economia che usciva dalla pandemia. Il Superbonus è stato giudicato il modo più rapido per provocarlo. Ma uno choc non dura 4 anni, al massimo uno. Alla fine del 2021 bisognava chiudere la questione. E invece si è creata una lotteria dalla quale solo il 3-4% del patrimonio edilizio ha ricevuto il biglietto vincente. Parliamo di persone che hanno potuto permetterselo. Immagino che ci siano state anche motivazioni legate alla cattura del consenso. Lo si ottiene più velocemente con un Superbonus che con un piano sull’edilizia popolare.

Molti nella maggioranza, a cominciare dal ministro dell’economia Giorgetti, continuano a scagliarsi contro Conte e i Cinque Stelle che, in effetti, sono all’origine di questa misura. Sono gli unici responsabili di questa situazione?

Chiaramente no. Superata la prima fase, già nell’autunno 21, Draghi cercò di ridimensionare il programma, ma si scontrò con tutte le forze politiche. In questa storia nessuno è innocente. I leader di tutte le forze politiche di destra e sinistra sono andati in questa direzione. È una responsabilità collettiva.

Quando sono nati i problemi?

L’allarme è scattato un anno fa non perché la realtà era cambiata – tutto era chiaro già a fine 2021 – ma solo perché era cambiata la modalità di registrazione dei costi dell’intervento.

Giorgetti ha deciso l’obbligo di spalmare i crediti del Superbonus su 10 anni solo sulle spese sostenute nel 2024. Cosa ne pensa?

È una toppa. Gli importi incidono comunque sul deficit. Ora si sta cercando di spalmarli in modo tale che incidano sul debito pubblico su 10 e non più su 4-5 anni, Va ricordato che già oggi sappiamo che le spese a tutto il 2023 faranno aumentare di quasi due punti di Pil il debito nei prossimi anni. Nella stessa direzione va il provvedimento contenuto nell’emendamento del governo che abbassa l’aliquota del credito di imposta dal 50 al 30% per le ristrutturazioni normali. Ma al di là delle tecnicalità va fatto un discorso generale sul sussidio all’edilizia.

Quale?

Non esiste in Italia un settore altrettanto sussidiato dell’edilizia da 30 anni a questa parte. Che si possano introdurre sussidi mirati può anche essere opportuno, è curioso però concentrarli su un settore per un periodo così lungo. Ciò non aiuta l’economia in generale e nemmeno l’edilizia che viene drogata. Tra l’altro l’edilizia è un settore ormai maturo. Se abbiamo il problema di aumentare la crescita del paese i denari vanno messi in altri settori con prospettive maggiori di crescita della produttività.

Molti hanno denunciato anche le truffe. È un problema questo?

Si, ma va oltre le truffe. La cosa che colpisce in questa storia non è tanto l’assenza dei controlli utili per evitarle, quanto l’assenza dei controlli che verifichino l’effettivo risparmio energetico prodotto dai lavori. Noi abbiamo solo autocertificazioni. Non c’è nessun controllo sul campo, nemmeno a campione. In altri paesi tutto questo viene gestito da agenzie tecniche indipendenti. Se l’obiettivo è intervenire in maniera significativa sul patrimonio edilizio residenziale non posso lasciarlo tutto alla spontanea iniziativa dei privati. Insomma siamo un paese con un laissez-faire sussidiato. Un vero paradosso.

Esiste un’alternativa a queste politiche?

Sì, passa dalla creazione di interventi che finanzino gli interventi sul patrimonio pubblico con la compartecipazione dei privati a partire dal loro reddito. Partecipa di più al finanziamento dei lavori di più chi guadagna di più. Il sistema potrebbe essere quello del «Pay as you save», paga quando risparmi. Il contributo dei privati in parte verrebbe realizzato mediante la cessione dei risparmi energetici futuri. Quanto al contributo pubblico in altri paesi va da zero al 60%. Non è il 110% per tutti, che copre oltre al costo dei lavori anche quello dell’intermediazione bancaria. Ciò potrebbe avvenire a partire dall’applicazione della direttiva europea sul risparmio energetico, con un programma che parta dalla riqualificazione del patrimonio pubblico e per quello privato preveda interventi selettivi, concentrati sui redditi più bassi e sulle abitazioni con prestazioni energetiche peggiori.

Le destre italiane si oppongono a questa direttiva. E in Italia sono al governo…

Lo so, ma il provvedimento è stato approvato e pone un obiettivo condivisibile. Ora bisogna trovare il modo migliore per applicarlo.