Giravolta Johnson: scuole chiuse fino a nuovo ordine
Regno unito Il premier britannico alla fine cambia strategia: istituti scolastici chiusi da venerdì. A preoccuparlo le previsioni dell’Imperial College di Londra, che prospettano un cambio di stile di vita. Non solo per gli inglesi
Regno unito Il premier britannico alla fine cambia strategia: istituti scolastici chiusi da venerdì. A preoccuparlo le previsioni dell’Imperial College di Londra, che prospettano un cambio di stile di vita. Non solo per gli inglesi
Fino a pochi giorni fa la strategia del primo ministro inglese Johnson prevedeva di aspettare l’arrivo del virus nel Regno unito senza troppo «distanziamento sociale». Nelle ultime ore ha cambiato decisamente idea, a partire dalla chiusura delle scuole da venerdì fino a nuovo ordine.
Provvedimenti analoghi a quelli presi uno dopo l’altro da quasi tutti i paesi europei sono ora attesi anche per Londra. Se il premier ha cambiato idea è forse grazie alle previsioni dei ricercatori dell’Imperial College di Londra.
Anche se i modelli matematici si riferiscono ai paesi anglosassoni, gli scenari proposti ci mostrano ciò che potrebbe attenderci anche in Italia nel futuro prossimo e oltre.
Secondo il team di epidemiologi guidato dal 52enne Neil Ferguson (anche lui a casa con il Covid-19), senza misure di contenimento le vittime inglesi potrebbero arrivare a 510mila, con un picco atteso per il mese di giugno. Dato che questo scenario è chiaramente insostenibile persino per Boris Johnson, le possibili strategie rimangono due.
La prima si chiama «mitigazione»: una strategia che non punti a fermare del tutto l’epidemia ma a rallentarla in modo che non superi la capacità di cura del sistema sanitario senza arrivare al lockdown.
Tuttavia, anche nel migliore scenario, la capacità massima della sanità inglese verrebbe superata di molte volte dal fabbisogno di posti letto in terapia intensiva. I reportage dalla Lombardia hanno già spaventato abbastanza l’opinione pubblica inglese e anche questa ipotesi non sembra percorribile.
L’ultima possibilità è tentare di «sopprimere» l’epidemia, mantenendo tutte le misure possibili per almeno cinque mesi. In questo scenario il sistema sanitario inglese potrebbe resistere: il numero di casi raggiungerebbe un massimo intorno a fine aprile e rimarrebbe al di sotto della soglia di tenuta (che i ricercatori fissano a otto posti di terapia intensiva).
Paradossalmente l’efficacia delle misure si paga in un secondo tempo, la soppressione di una pandemia è virtualmente impossibile: se grazie al lockdown si ammalano poche persone, quando le misure vengono rimosse e la vita normale ricomincia l’epidemia può tornare a infettare un maggior numero di persone suscettibili.
Perciò la soppressione dell’epidemia richiederà nuove misure, con un’intermittenza determinata dal ritorno della malattia in corrispondenza dell’abrogazione delle misure.
Affinché l’epidemia rimanga sotto controllo almeno fino alla disponibilità di un vaccino – 18 mesi secondo le previsioni più ottimistiche – occorrerà che la chiusura delle scuole e le auto-quarantene tornino e occupino almeno i due terzi dell’anno: in ciascun trimestre, cioè, gli inglesi dovrebbero passare un paio di mesi a casa.
Una simile previsione vale con poche variazioni anche per l’Italia. Se si rivelerà corretta, permetterà di risparmiare molte vite umane ma chiederà a tutti noi di rivedere profondamente la comune nozione di una vita «normale».
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