C’è voluto oltre un secolo per ammorbidire, con l’introduzione della modica quantità, la legge proibizionista sul consumo di marijuana nei Caraibi anglofoni. Proprio la Giamaica, maggiore produttore mondiale dell’erba sacra al Rastafanesimo, ha introdotto finalmente nell’aprile 2015 l’Amendment to the Dangerous Drugs Act che fissa a 2 once (27 grammi) il possesso consentito per legge. Prima vigeva l’arresto immediato, anche per uno spinello. Una settimana in prigione e una multa in Corte, e a volte ci si lasciava la pelle, come successe ad esempio al povero Mario Deane bastonato a morte in cella.

Non è ancora tempo invece per rivedere il Buggery Act, la legge persecutoria nei confronti degli omosessuali, promulgata nel 1533 in Gran Bretagna, abolita poi nel 2003, ancora in vigore nella maggior parte delle sue ex colonie. Eppur qualcosa si muove.

Agli inizi era la pena di morte, commutata nel 1861 in ergastolo. Oggi sono 10 anni, 7 per tentata sodomia, consenziente o meno. I paragrafi, immutati dalle origini, recitano: Art76 – «Chiunque sia sorpreso a commettere abominevoli atti di buggery (rapporto anale, ndr) con uomini o animali, in pubblico o privato, deve essere preso e condannato a 10 anni di lavori forzati»; Art77 – «Chiunque tenti l’abominevole atto di cui sopra, deve essere preso e condannato a non più di sette anni, con o senza lavori forzati». Nel codice penale caraibico non si contempla il diritto alla privacy, neanche all’interno delle proprie mura.

Il 10 agosto il presidente della Corte Suprema in Belize Kenneth Benjamin, ha dichiarato incostituzionale il comma di legge che riguarda due adulti consenzienti, dopo l’appello di un gay condannato. È successo un terremoto a livello ecclesiastico. E legislativo. Mentre nel Caricom le infrazioni sono perlopiù tollerate, la sodomia è un affare molto serio in Belize e soprattutto in Giamaica, dove delazione e conseguenti agguati nei confronti di omosessuali sono ricorrenti, nonché tollerati dalle autorità. La procuratrice generale della Corte d’Appello di Kingston Mrs Forte, sostenuta da un team di avvocati, si sta opponendo con tutte le forze a questa richiesta di modifica, dichiarandola incompatibile con il resto dei Caraibi.

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Tomlinson con il suo compagno

Tale richiesta fa seguito a quella di Maurice Tomlinson, un avvocato gay giamaicano, consulente Lgbt, sposato con un cittadino canadese, in lotta da vent’anni contro questa legge, e anche per avere tale matrimonio riconosciuto nel suo Paese di origine. Un gruppo eletto tra le chiese più potenti e fondamentaliste dell’isola, Testimoni di Geova uniti agli Avventisti del 7°giorno, si è costituito parte civile contro Tomlinson.

Si attende ora la data della Corte d’Appello, che dovrà decidere sulla richiesta della Public Defender Arlene Harrison Henry, di essere ammessa quale parte interessata nella causa di Tomlinson contro l’incostituzionalità della vetusta legge. A giugno la Corte Suprema aveva escluso Henry dalla partecipazione alla contesa, e la legale aveva opposto appello.

Quando il British Privy Council, il più alto grado di giudizio sul territorio caraibico anche dopo l’indipendenza, richiese alle Corti locali di espungere dalla legge gli adulti consenzienti, queste fecero strenua opposizione per mantenere lo status quo; solo Anguilla, Cayman, British Virgin, Montserrat e Turks & Caicos si adeguarono alla modifica.

Nel penitenziario di Tower Street, che si affaccia sulla strada per l’aeroporto di Kingston, gli omosessuali giamaicani scontano la condanna nella stessa sezione degli omicidi, e ciò la dice lunga su come sia tutelata la loro sicurezza. Perseguitato in egual misura il travestitismo, cross dressing. L’orrenda fine di Dwayne Jones, un ragazzino di 16 anni fatto a pezzi a colpi di machete da una folla inferocita, che lo aveva riconosciuto a un party travestito da donna, non ha prodotto alcun cambiamento, e gli autori del massacro sono rimasti impuniti. Il ragazzo era noto come Gully Queen, la Regina del canale, nomignolo non casuale: i gay poveri, sfrattati di casa per via del loro “vizio” sono soliti vivere sotto i tunnel per l’acqua piovana. I gay benestanti invece si blindano in circoli esclusivi, sovente prendendo moglie per salvare le apparenze. E non potrebbe essere altrimenti, quando il pastore, nel suo sermone, sferza con passi biblici i qedeshah, «quelli che entrano da dietro», i sodomiti secondo il Vecchio Testamento, che auspicava per costoro la lapidazione.

 

24est1 Cross dressing
Unico travestitismo tollerato in Giamaica, quello dei jonkunnu, i suonatori mascherati delle feste (foto Flavio Bacchetta)

 

 

Il giudice beliziano ha motivato la sua azione sul fatto che, legalizzando i rapporti omosessuali consenzienti, si aiuterebbero i consultori nel monitoraggio dell’Hiv, che oggi registra circa 300.000 sieropositivi caraibici. Allo stato attuale, molti gay li disertano, per paura di essere schedati. Ovviamente la soluzione va trovata sul piano culturale, non solo giudiziario; ammesso e non concesso che il giurista vinca, la gente boicotterebbe la riforma. Nell’ipotesi puramente accademica che fosse indetto un referendum regionale sulla questione, è probabile che i No vincerebbero in larga misura, con picchi massimi in Giamaica. Basti pensare che la procuratrice Forte esternò su Twitter il suo disgusto, a causa della bandiera arcobaleno esposta all’ambasciata Usa di Kingston dopo la strage di Orlando.

Ancora una volta, come avviene nei casi degli abusi giudiziari, si evidenzia il ruolo marginale, less than useful, del Legal Aid governativo e di alcune Ong locali e internazionali, preposte alla difesa dei diritti umani. Convegni logorroici e raccomandazioni scivolano via senza lasciare traccia sulle istituzioni. E la Giamaica sconta l’assenza di un’azione incisiva sul territorio partendo dai bassifondi.