Prime due settimane di verifica e prime violazioni. L’Autorità garante per le telecomunicazioni richiama tutte le emittenti televisive sottoposte al suo monitoraggio – che sono la Rai, Mediaset, La7 e Sky – per il mancato rispetto della legge sulla par condicio. E invita tutte «a provvedere, in maniera rigorosa e con effetto immediato, alla corretta applicazione dei principi del pluralismo informativo … assicurando la parità di trattamento tra soggetti politici e l’equa rappresentazione di tutte le opinioni politiche nel corso dell’intera campagna elettorale, assicurando anche la parità di genere tra i soggetti politici».

Il monitoraggio è riferito al periodo 22 luglio-2 agosto. Il conteggio dei tempi di parola dei soggetti politici (in totale 39 ore, si tratta del tempo degli interventi diretti in voce), sia nei telegiornali che fuori dai telegiornali, ha fatto registrare situazioni di squilibrio. In generale appare sottodimensionato lo spazio di Fratelli d’Italia, almeno rispetto ai sondaggi, mentre è in linea con la consistenza attuale del gruppo (ma è la Lega l’unico partito che si lamenta commentando i dati). Nel dettaglio, i 5 Stelle vincono su Italia 1 (20% del tempo di parola), la Lega al Tg2 (18%), il Pd al Tg4 (28%), Forza Italia al Tg5 (23%) e Fratelli d’Italia al Tg3 (9%).

Alla Rai è giunto anche un richiamo dell’Agcom, a seguito dell’esposto con il quale i membri leghisti della commissione parlamentare di vigilanza avevano denunciato il caso della giornalista Elisa Anzaldo, conduttrice della rassegna stampa del mattino. Durante la trasmissione del 3 agosto in dialogo con il vice direttore del Corriere dello Sport Alessandro Barbano, il quale aveva detto che il cambio di fede calcistica della presidente di Fratelli d’Italia (dalla Lazio alla Roma) «se peccato è, non è il peggior peccato di Giorgia Meloni», Anzaldi aveva risposto, ridendo, «sì ce ne sono tanti altri».

Il richiamo, sanzione minima, e l’obbligo di darne menzione in una prossima edizione della rassegna stampa, è stato deciso in considerazione del fatto che la giornalista ha spiegato di essere stata fraintesa e si è scusata.

L’Agcom ha diffuso anche un monitoraggio degli spazi nell’informazione radiofonica nello stesso periodo. Più che una differenza tra i tempi di parola dei diversi partiti, non eccessiva, colpisce la sproporzione tra la presenza maschile e quella femminile. Per esempio, per quanto riguarda i radiogiornali, la società che effettua i monitoraggi per conto dell’Autorità ha conteggiato un totale di quasi cinque ore (4 ore e 58 minuti) di tempo di parola per soggetti politici o istituzionali (presidente della Repubblica, governo) di cui appena 35 minuti con protagoniste donne.

La situazione migliora ma solo di pochissimo per quanto riguarda l’informazione riconducibile alle testate giornalistiche ma fuori dai giornali radio, dove le redazioni possono variare gli inviti (2 ore e 17 minuti alle donne, 11 ore e 5 minuti agli uomini). La causa di questa così pesante discriminazione di genere con tutta evidenza va imputata più ai partiti che ai mezzi di informazione. Prendendo per esempio il grafico che illustra le presenze nei giornali radio di Radio 24, si vede che nel caso di 5 Stelle, Lega, Pd, Forza Italia, partito di Di Maio e Italia viva il cento per cento dei tempi di parola è stato occupato da uomini, mentre nel caso di Fratelli d’Italia il 100 da donne. Una donna, verosimilmente, Giorgia Meloni.