Il governo Biden querela il Texas per il ridisegno dei collegi elettorali dello stato. Il procuratore generale Merrick B. Garland ha dichiarato che il “redistricting” approvato dal Texas in ottobre viola le leggi federali: secondo la sua vice Vanita Gupta «nega a neri e latinos l’equa possibilità di partecipare alle elezioni» ed è stato disegnato «con intenzioni discriminatorie». È la seconda volta in un mese che il Texas viene querelato per le sue leggi elettorali: in novembre era toccato alle nuove norme che riducono il voto per posta, il numero dei seggi e gli assistenti al seggio e ostacolano il voto per i texani che non parlano bene l’inglese, gli anziani, i disabili.

SALDAMENTE in mano repubblicana, guidato con mano pesantissima dal governatore Greg Abbott – lo stesso delle tremende recenti leggi contro l’aborto – il Texas è la punta di diamante di un assalto concertato al sistema elettorale degli Stati uniti. I parlamenti repubblicani di 19 diversi stati hanno già presentato una trentina di nuove leggi elettorali, che mirano tutte a limitare l’accesso al voto per precise categorie di elettori, e soprattutto distribuiscono gli elettori nei collegi secondo algoritmi che premiano il partito repubblicano. È una pratica chiamata gerrymandering (il nome deriva da salamandra e allude ai sinuosi, astrusi confini dei nuovi collegi), è seguita anche dai democratici ma in modo enormemente minore, ed è legale – tranne in caso di discriminazioni razziali. Il Dipartimento di giustizia di Biden ha risposto alla crociata aritmetico-elettorale repubblicana raddoppiando il personale incaricato di rivedere i collegi “ingegnerizzati” e moltiplicando i ricorsi ai tribunali. Ricorsi che però saranno giudicati solo dopo le elezioni: secondo alcuni media, incluso il New York Times, il partito democratico potrebbe aver già matematicamente perso il controllo della Camera prima ancora di votare, nel 2022.
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