Un pacchetto da 600 miliardi di euro, di cui ben 156 a debito, per compensare la perdita del 5% del Pil nel 2020, con buona pace del mitologico pareggio di bilancio.

Ieri il governo Merkel riunito in seduta straordinaria ha varato le misure per impedire che l’infezione del Coronavirus distrugga l’economia insieme a decine di milioni di posti di lavoro.

Stanziati gli attesi “salvagente” per le partite Iva e le micro aziende (9.000 euro per i prossimi tre mesi a chi ha meno di 5 dipendenti) e le medie imprese (da 15.000 a 30.000 euro), così come le centinaia di milioni necessari a «raddoppiare» gli attuali 28.000 posti letto dei reparti di terapia intensiva dove, peraltro, saranno curati anche i sei pazienti lombardi presi in carico dalla Sassonia, che ha messo a disposizione gli ospedali nonostante quasi mille contagiati.

Mentre i tedeschi in tutti i Land vivono il primo giorno del «divieto di contatto» annunciato domenica sera da Angela Merkel: esattamente un’ora prima di finire in quarantena proprio per avere avuto contatti con un medico risultato positivo al Coronavirus. Il primo tampone di Mutti è risultato negativo, ma la Bundeskanzlerin continuerà a governare il Paese dal salotto di casa in attesa dell’esito del test defintivo. Ridotta né più né meno alla condizione dei normali cittadini.

Da 48 ore da Berlino a Monaco infatti la parola d’ordine è «stare a casa» con l’obbligo tassativo di «mantenere la distanza inter-personale di almeno 1,5 metri» mentre la libera circolazione è consentita unicamente da soli o massimo in coppia, ad eccezione dei familiari.

Chiudono, per la prima volta dall’inizio dell’emergenza, ristoranti, barbieri e parrucchieri, insieme a tutte le attività commerciali ritenute «non strettamente necessarie» dal decreto del governo. Per tutti gli altri settori vale «lo stop delle attività per almeno due settimane», il cui costo spicca già tra le prime voci del “Fondo per la stabilizzazione economica” controfirmato ieri dal ministro delle Finanze, Olaf Scholz (Spd) e dell’Economia, Peter Altmeier (Cdu).

Nero su bianco, garanzie dello Stato pari a 400 miliardi per l’accesso al credito delle Pmi più altri 100 accantonati nel caso – sempre meno teorico a Berlino – che il governo federale presto o tardi debba assumere «la partecipazione diretta» delle aziende in crisi.

Fanno il paio con 100 miliardi di prestiti predisposti dalla Banca per la Ricostruzione (Kfw, equivalente di Cassa Depositi e Prestiti) di proprietà per l’80% dello Stato centrale e per il 20% dei Land. Tuttavia, dietro al granitico pacchetto economico che traduce il “whatever it takes” della Germania, permangono le spaccature venute a galla domenica nella tesissima riunione tra i 16 governatori e la cancelliera Merkel. Da un lato della barricata, Markus Söder (Csu), primo ministro della Baviera, pronto al “lockdown” sul modello italiano; dall’altro il cristiano-democratico Armin Laschet, premier del Nordreno-Vestfalia, che ha convinto 11 colleghi più Merkel a evitare il giro di vite totale.

Differenze di vedute fondamentali tra due candidati alla successione di Annegret Kramp-Karrenbauer alla guida dell’Union, temporaneamente congelata dall’emergenza Coronavirus ma con il “focolaio” sempre acceso in vista della fine dell’emergenza. Segno che la battaglia politica non si ferma neppure di fronte a quasi 100 morti, oltre 25 mila contagiati dalla «pandemia destinata a cambiare la nostra vita» per dirla con le parole di Merkel.