Dalla Germania arrivano notizie preoccupanti, in controtendenza rispetto all’idea che ci siamo fatti dell’Europa del nord e della sua propensione al cambiamento stradale, finora percepito sotto le Alpi come una direzione ormai data per acquisita. Così pare non essere. In un articolo apparso sullo Spiegel e importato qui in Italia dal settimanale Internazionale, dal titolo Il verde non piace, si mettono in fila le battute d’arresto nello sviluppo di strade con spazi riassegnati alla ciclabilità e dunque sottratte alle automobili.

Sono esperienze che si stanno vivendo in città della più varia estensione, da modesti centri come Griessen a città molto più grandi e note come Hannover, Monaco e persino la capitale, Berlino.

Il caso tedesco è comunque, in qualche modo, parzialmente opposto a ciò che si sta vivendo da noi, dove la lotta alla ciclabilità viene direttamente dal governo centrale: ultimamente e sempre più spesso, scrive lo Spiegel, ogni volta che un’amministrazione propone un progetto a favore di spazi dedicati alle biciclette si alzano voci contrarie e spesso il contenzioso arriva fino ai tribunali. Qualcosa di inaspettato per noi, forse grazie alla nostra visione zuccherosa dell’altrove europeo.

La dinamica della reazione è però identica alla nostra: ai tentativi – unanimemente supportati da urbanisti e amministrazioni – di modifiche infrastrutturali e normative le voci contrarie hanno la stessa reazione italiana. Se non si può arrivare con la macchina di fronte al negozio, naturalmente col consueto limite di 50 km/h e non il 30 che va espandendosi nelle riprogettazioni urbane, scattano gli allarmi alla propria libertà personale.

Nessun ragionamento che verta su cambiamento climatico o sicurezza delle persone pare essere efficace di fronte a questa reazione, esattamente come succede in Italia. Nel land di Berlino la Cdu (la Dc tedesca) ha vinto le elezioni addirittura con una campagna pro automobile personale, sconfiggendo i Verdi che naturalmente procedevano in direzione opposta.

Un risultato è che il nuovo governo ha riaperto alle auto la centralissima Friedrichstrasse e imposto uno stop alle nuove ciclabili. Come il nostro Matteo Salvini, insomma, e anche lì chi vuole il cambiamento viene accusato di posizioni ideologiche, qualsiasi cosa significhi.

La domanda è: ma che cosa sta succedendo? Il giornale cita una ricercatrice, Karoline Augenstein, che si è messa a indagare su questo fenomeno. Secondo lei si è passati da un dibattito finora tra specialisti alla sua applicazione su strada, giocoforza coinvolgendo la totalità della popolazione e quindi entrando in un ambito davvero ampio. L’attacco alle libertà è una foglia di fico, e più in profondità il cambiamento va a sbattere con ciò che Augenstein chiama «il potere della normalità».

E’ normale, in sintesi, ciò che non ha bisogno di essere spiegato, lo stato di cose in cui sei cresciuto è dunque la normalità, che quindi va difesa a prescindere da ogni ragionamento.

La necessità del cambiamento ha invece bisogno di un ragionamento, quindi anormale.