«Nel corso di questa legislatura il governo ha posto la questione di fiducia per 61 volte, perché non lo fa anche per una legge importante come lo ius soli? Chiedo al premier Paolo Gentiloni di porre la fiducia sul provvedimento o almeno di spiegare perché non può farlo».

A rivolgersi al capo del governo, chiedendogli di rompere la situazione di stallo in cui si trova da quasi due anni il ddl sulla cittadinanza, è stato ieri il presidente della Commissione Diritti umani del Senato Luigi Manconi presentando due nuovi appelli a favore del testo che consentirebbe a circa 800 mila figli di immigrati di diventare cittadini italiani. I due appelli sono stati consegnati al presidente del Senato Pietro Grasso, che ancora una volta ha confermato la sua adesione alla legge. «Il problema al Senato è quello dei numeri», ha spiegato Grasso a Manconi. «Bisogna far sì che questo appello sia percepito dalle forze politiche che fanno parte della maggioranza e che apertamente dicono di non voler appoggiare il testo». Un riferimento ad Ap del ministro degli Esteri Alfano, che dopo aver votato lo ius soli alla Camera chiede adesso di poter intervenire per modificarlo.

«Oggi la patria è dove trovi pace e rifugio, è quella che rende possibile una convivenza civile» scrivono i firmatari del primo dei due appelli, sottoscritto tra gli altri anche da Gianfranco Bettin, Luciana Castellina, Ginevra Bompiani, Goffredo Fofi, Furio Colombo, Carlo Ginsburg e Rossana Rossanda e Luigi Ferrajoli. Alla base c’è la convinzione che il concetto di cittadinanza non possa più essere basato, come avviene oggi, sul principio dello ius sanguinis (sei italiano se sei figlio di un italiano), ma vada aggiornato tenendo conto dei mutamenti avvenuti nella società. «E’ una nuova idea di cittadinanza che corrisponde al nostro tempo e alla storia comune, un’idea che ha fatto l’America e che sta facendo l’Europa», proseguono i firmatari.

Nasce nelle scuole, invece, il secondo appello che ha tra i suoi promotori insegnanti ed educatori che proprio per il lavoro che svolgono sono tutti i giorni a contatto con ragazzi nati in Italia da genitori immigrati o che nel nostro paese sono arrivati già adolescenti. «Abbiamo in classe dei cittadini che non saranno mai cittadini. Li abbiamo di fronte tutti i giorni, è arrivato il momenti di schierarsi, dice il maestro Franco Lorenzoni presentando l’iniziativa. «Questo stato di cose è intollerabile – prosegue il maestro -. Come si può pretendere di educare alla cittadinanza e alla costituzione, come prevede la legge, sapendo bene che molti di loro non avranno né cittadinanza né diritto di voto?».

Per sollecitare l’approvazione della legge il prossimo 3 ottobre – giornata dedicata alla memoria delle vittime dell’immigrazione – gli insegnanti sono invitati a indossare un nastrino tricolore e ad attuare uno sciopero della fame spiegando agli studenti le motivazioni del loro gesto.