Foto e filmati condivisi sui social mostravano ieri colonne di fumo denso e nero che si alzavano verso il cielo dopo gli attacchi aerei israeliani a est di Gaza City. Alla base di quelle colonne c’erano un magazzino di Nuseirat e una casa di Al Burej. Nelle immagini si vede un edificio crollato con le strade intorno coperte di macerie. Almeno 17 i morti, di cui nove membri della stessa famiglia. Un’altra strage, che ricorda il bombardamento di due giorni fa di un magazzino dell’Unrwa usato per la distribuzione di cibo durante il Ramadan. La Casa Bianca ha chiesto una indagine dopo l’uccisione nell’attacco di cinque persone, tra cui un ragazzo di 15 anni e un dipendente dell’Unrwa (sono 165 dal 7 ottobre). Altre 22 persone sono rimaste ferite. Israele invece afferma di aver eliminato un presunto comandante di Hamas, Mohammed Abu Hasna. Storie di violenza e morte emergono in queste ore dal sobborgo di Hamad (Khan Yunis) circondato e bombardato da forze israeliane. La Mezzaluna Rossa ha comunicato di aver recuperato tra le macerie i cadaveri di 15 persone.

Gaza intanto aspetta gli aiuti umanitari per la sua popolazione affamata e bisognosa di tutto. Il ministro degli Esteri egiziano ha di nuovo chiesto a Israele di aprire tutti i valichi terrestri per far entrare più autocarri nella Striscia. «Israele controlla altri sei valichi», oltre a quelli di Nitzana e Kerem Shalom, «c’è una lunga fila di camion in attesa di entrare ma sono soggetti a procedure di controllo che devono essere rispettate…Abbiamo la capacità di aumentare il numero di camion, ma l’autorizzazione deve arrivare», ha detto Sameh Shoukry al Cairo. Israele invece preferisce che gli aiuti arrivino dal cielo e dal mare, perché più controllabili a differenza dei corridoi terrestri che richiederebbero il dispiegamento di mezzi e truppe. Così mentre gli Usa e altri paesi lanciano «pasti pronti» dal cielo agli affamati a terra, cresce l’attesa per l’arrivo della nave Open Arms, partita lunedì da Cipro. Ieri sera non era ancora davanti alla costa di Gaza. A rallentarla è la chiatta con 200 tonnellate di aiuti alimentari che sta trainando. Immagini diffuse dalla società di tecnologia spaziale Maxar mostrano l’inizio della costruzione di quello che sembra essere un molo al largo di Gaza. Verrà usato per portare a riva gli aiuti della Open Arms e come base del porto galleggiante che intendono costruire gli Stati uniti.

La via terrestre però resta la migliore, per quantità del carico e il costo: cinque camion possono portare fino a 100 tonnellate di aiuti. Un convoglio di 20 automezzi può in poche ore attraversare Gaza e trasportare una quantità doi merci due volte superiore al carico della Open Arms. Per questo 25 Ong internazionali in un comunicato ribadiscono che l’unico modo per soddisfare i bisogni umanitari è garantire un cessate il fuoco immediato e permanente e l’accesso umanitario senza ostacoli attraverso tutti i valichi terrestri. «Gli Stati – scrivono – non possono nascondersi dietro i lanci aerei e gli sforzi per aprire un corridoio marittimo per creare l’illusione di fare abbastanza per sostenere i bisogni della popolazione di Gaza: la loro responsabilità primaria è prevenire il verificarsi di crimini atroci e applicare un’efficace pressione politica per porre fine agli incessanti bombardamenti e alle restrizioni che impediscono la consegna sicura degli aiuti umanitari». Ieri Al Jazeera ha mostrato immagini di decine di palestinesi affamati che lottano tra di loro per accaparrarsi qualche razione alimentare lanciata dall’alto con il paracadute. Scene che si sono viste tante volte in questi giorni, a conferma della gravità della situazione dei civili.

La tregua è un miraggio. L’offensiva va avanti e Israele ripete che attaccherà anche Rafah – il portavoce militare ha detto che saranno create delle «isole umanitarie» nel centro di Gaza per gli sfollati ora al confine con l’Egitto – e, secondo il giornale Politico potrebbe ricevere un via libera parziale dagli Usa che pure nelle ultime settimane si sono opposti all’attacco. Allo stesso tempo i contrasti politici tra Usa e Israele si accendono ogni giorno di più. L’amministrazione Biden ha sanzionato due avamposti ebraici e tre coloni israeliani nella Cisgiordania palestinese scatenando la rabbia della destra. Il partito Likud del premier Netanyahu ha condannato duramente la richiesta del leader della maggioranza al Senato americano Chuck Schumer di nuove elezioni in Israele. «Non siamo una repubblica delle banane» ha tuonato il Likud in un comunicato. Schumer, che pure è un aperto sostenitore di Israele, aveva detto che Tel Aviv deve apportare «correzioni significative alla rotta» per raggiungere una pace duratura con i palestinesi. E avvertito che il governo Netanyahu «non soddisfa più i bisogni di Israele» dopo il 7 ottobre. «Israele non può sopravvivere se diventa un paria», ha concluso Schumer.

A Gerusalemme Est e in Cisgiordania ieri sera affluivano rinforzi di truppe e di polizia di Israele. La città santa oggi sarà blindata. Si prevede una giornata di forte tensione per l’installazione da parte di Israele di cancelli e barriere, oltre a limitazioni all’accesso dei fedeli sulla Spianata della moschea di Al Aqsa e nella Città Vecchia, nel primo venerdì di preghiera del mese di Ramadan. Hamas ha chiamato i palestinesi alla mobilitazione contro l’occupante.