I furbetti del cartellino, le intemerate renziane (“chi timbra e se ne va verrà licenziato entro 48 ore”), gli annunci di provvedimenti del governo. Eccoli gli ingredienti delle discussioni da bar dei prossimi giorni, campo di battaglia dove il Pd prova a sfidare l’egemonia dei 5 Stelle, che molto hanno studiato per catalizzare i consensi del popolo contro i supposti privilegi delle “caste”.

Susanna Camusso prova a ricondurre la discussione nei canoni della razionalità: “Le regole per licenziare i cosiddetti fannulloni ci sono già: mi piacerebbe che il governo dicesse perché non funzionano. Se no è una campagna, si chiama propaganda”. Fatta in vista dell’approvazione, prevista domani in consiglio dei ministri, di nuove norme che consentono di licenziare entro 48 ore i dipendenti assenteisti. “C’è il rischio di inventare una campagna che fa sembrare che i 3 milioni di lavoratori del pubblico impiego siano tutti nullafacenti – insiste la segretaria generale della Cgil – dei truffatori dello Stato: così si fa del male”.

Anche la Cisl, che insieme agli altri confederali del pubblico impiego sta battagliando per il nuovo contratto dopo sei anni di stop, sente puzza di bruciato. Così, sulle colonne del quotidiano il Tempo, un dirigente cislino fa notare che il Testo unico del pubblico impiego prevede, in casi del genere, il licenziamento nel giro di un mese. Nella pratica, segnala statistiche alla mano la Funzione pubblica della Cgil, oggi la media per il licenziamento del dipendente pubblico infedele è di 102 giorni. Poco più di tre mesi per esaminare i ricorsi del sanzionato, e arrivare a una decisione definitiva.

Nel dettaglio, il termine per contestare l’illecito è di 20 giorni, mentre il lavoratore ha tempo dieci giorni per difendersi (prorogabile di altri dieci), e il procedimento deve concludersi entro 60 giorni. Non sembra una procedura troppo bizantina. Ma il governo vuole che, dopo le 48 ore di sospensione cautelare senza stipendio, siano lasciati al lavoratore, in caso di prove inequivocabili, solo cinque giorni per difendersi. Così come prevede la legge per il lavoro privato, diversa da quella in vigore per il settore pubblico.

A questi dati possono essere aggiunti anche quelli forniti del Corriere della Sera, pronto a segnalare che su 7mila procedimenti aperti ogni anno – con tutta probabilità sia nel settore pubblico che in quello privato – quelli che portano all’interruzione del rapporto di lavoro sono poco più di 200, di cui un centinaio per assenteismo. Mentre il Messaggero Veneto dà notizia di dirigente pubblica licenziata in tronco, presso gli uffici di Tolmezzo dell’Azienda sanitaria 3 Alto Friuli-Collinare-Medio Friuli, perché si assentava dall’ufficio senza timbrare il cartellino.

In definitiva, le leggi ci sono e sono applicate. Ma questo interessa il giusto all’attuale inquilino di palazzo Chigi. Che tuona contro i “truffatori”, e si accredita come moralizzatore dei costumi. Subito aiutato dal fedele Boeri, che nome dell’Inps fa sapere di essere già pronto a prendersi in carico anche i controlli sulle assenze per malattia degli statali, naturalmente dietro finanziamenti ad hoc per la gestione in via esclusiva dei controlli, oggi in carico alle Asl.

“Licenziare gli assenteisti è già previsto dai contratti – insiste anche Maurizio Landini – il sindacato non ha mai difeso chi ruba e chi non lavora”. Ma è Carmelo Barbagallo della Uil che va al cuore del problema: “Giusto sospendere i fannulloni e, se colpevoli, licenziarli. Ma ora tocca al governo impegnarsi al rinnovo dei contratti”.