L’ex generale ed ex consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump, Michael Flynn, si è dichiarato colpevole di aver mentito all’Fbi sul caso «Russiagate», confermando l’accusa formalizzata dal procuratore speciale Robert Mueller, alla guida delle indagini sul Russiagate.

FLYNN ERA STATO COSTRETTO a dare le dimissioni dopo solo 23 giorni per aver nascosto al vice presidente Mike Pence di essersi incontrato con l’ambasciatore russo Sergej Kislyak, nello specifico il 22 e il 29 dicembre 2026, quando domandò ai russi di non reagire alle nuove sanzioni approvate da Obama contro la Russia; allora Flynn era nel transition team di Trump ma non aveva un incarico tale da permettergli di fare accordi con un governo straniero.

Flynn è adesso il primo funzionario dell’amministrazione Trump a essere accusato formalmente da Mueller per il «Russiagate» e il quarto legato alla campagna repubblicana, dopo l’ex presidente della campagna, Paul Manafort, il suo vice, Rick Gates, e il consigliere per la politica estera, George Papadopoulos. Per questa accusa Flynn rischia fino a 5 anni di carcere ma è ben poca cosa rispetto a tutto ciò per cui lo si poteva accusare.

I RAPPORTI DI FLYNN con i russi e specialmente con Putin sono consolidati da anni. Pochi mesi dopo le sue dimissioni Flynn ha anche ammesso di aver accettato soldi dal governo turco per proteggere i loro interessi durante le ultime elezioni presidenziali, e in questa sua attività di lobbying è coinvolto anche suo figlio.

L’accusa di aver mentito a Pence e all’Fbi, dopo la rottura delle comunicazioni tra il team legale di Flynn e quello della Casa bianca, è un altro segno che l’ex capo della sicurezza nazionale ha deciso di collaborare con Mueller.

IN QUESTO MODO ha deciso di stringere un cerchio sempre più piccolo intorno a Trump, che potrebbe coinvolgere innanzitutto il marito di Ivanka, Jared Kushner, da settimane come scomparso dalla scena politica. Riguardo l’impresentabilità e la pericolosità di Flynn, Trump era stato avvertito, e non solo dall’odiato presidente Obama, ma anche dal fedelissimo ex governatore repubblicano del New Jersey Chriss Christies, che ha poi pagato il consiglio dato al neo presidente eletto perdendo il posto da capo del transition team che gli era stato assicurato.

In seguito Trump ha a lungo continuato a difendere Flynn, chiedendo a James Coney, al tempo a capo dell’Fbi, di lasciar perdere le indagini che i federali avevano iniziato riguardo le sue relazioni con Mosca: Comey non aveva ubbidito e per questo era stato licenziato con l’accusa di inefficienza, smentita poi dagli stessi federali. Ora, nella dichiarazione ufficiale, Flynn, dopo essersi dichiarato colpevole, ha detto che le sue «azioni sono state sbagliate. La mia dichiarazione di colpevolezza e la volontà di cooperare con il procuratore speciale riflettono la decisione che ho preso nel miglior interesse per la mia famiglia e il mio paese. Accetto la piena responsabilità delle mie azioni».

LA RETE TELEVISIVA Abc ha dichiarato che Flynn è pronto a testimoniare perché sarebbe stato proprio Trump a chiedergli di prendere contatto con i russi. La Casa bianca ha reagito minimizzando e prendendo le distanze, perché «nulla» nella dichiarazione di Flynn indicherebbe che altri siano coinvolti. Il legale della Casa bianca ha inoltre ricordato che l’ex generale ha fatto parte dell’amministrazione Trump per soli 23 giorni e aveva lavorato anche per Obama. Trump non ha rilasciato dichiarazioni. «Biblico il commento di Comey: «Piuttosto scorra come acqua il diritto e la giustizia come un torrente perenne. Amos 5:24».