Nel tour europeo iniziato venerdì dal presidente argentino Alberto Fernández allo scopo di ottenere appoggi per la ristrutturazione del debito del suo paese, l’incontro di ieri mattina con papa Francesco è stato uno degli eventi chiave.

Un’udienza completamente diversa da quella, gelida e breve – 22 minuti in tutto, contro i 44 riservati al presidente peronista – che il papa aveva concesso a Mauricio Macri nel febbraio 2016. «Gli ho chiesto aiuto sul tema del debito e mi ha risposto che mi aiuta e che mi aiuterà sempre», ha dichiarato Fernández parlando ai giornalisti all’ambasciata presso la Santa Sede, evidenziando la sintonia con il papa rispetto alla «diagnosi sulla povertà e l’inflazione» nel paese. «Sono sicuro che Bergoglio farà tutto ciò che gli è possibile», ha aggiunto.

Una richiesta di aiuto, quella del presidente, che precede di poco l’incontro informale tra funzionari del governo argentino, tra cui il ministro dell’Economia Martín Guzmán, e la direttrice dell’Fmi Kristalina Georgieva che si terrà il 5 febbraio presso la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, nel quadro del seminario su «Nuove forme di fraternità solidale di inclusione, integrazione e innovazione».

Sarà presente anche il premio Nobel Joseph Stiglitz, che ha avuto come suo collaboratore alla Columbia University proprio il ministro Guzmán, artefice dell’idea di rinunciare agli 11 miliardi di dollari restanti del contestatissimo maxi prestito di 57 miliardi negoziato da Macri con l’Fmi nel 2018.

Che l’Argentina, già «in default virtuale», abbia bisogno di aiuto non ci sono dubbi: di fronte ai 45 miliardi di dollari da pagare nel primo semestre del 2020 ai creditori, l’obiettivo è quello di ottenere più tempo, in maniera da poter iniziare a onorare il debito una volta innescato un ciclo di crescita economica durevole.

Ed è su questo che Fernández cercherà il sostegno di Italia – come sollecitato nell’incontro sostenuto ieri pomeriggio con il primo ministro Conte e il presidente Mattarella – e poi Germania, Spagna e Francia, dopo aver ricevuto il 29 gennaio il via libera della Camera dei deputati alla legge di «recupero della sostenibilità del debito pubblico» che autorizza l’esecutivo a rinegoziare i termini delle obbligazioni assunte con i creditori.

Mentre il Congresso si accinge ad approvare la legge presentata da Fernández, cresce tra le forze popolari la richiesta di una sospensione dei pagamenti fino a quando un audit ad hoc non definisca la questione di un debito considerato «illegittimo e odioso», che il popolo non ha contratto ma di cui è costretto a pagare le conseguenze in termini di miseria e fame.