Si dice che la pandemia ha fermato tutto. Ma a ben vedere non è proprio così. Il virus ha il potere di bloccare solo alcune, poche cose. Molto più spesso invece va a sommarsi, con le sue condizioni di emergenzialità, a una varietà di situazioni, vite, lotte, e processi già in corso. La quotidianità è modificata, ma non viene congelato il decorrere di altre crisi ed emergenze. Non si fermano le ingiustizie. Anzi, esse si fanno in questi giorni più gravi e acute. Alcuni paradossi del nostro vivere comune si palesano davanti ai nostri occhi in tutta la loro crudeltà. Allo stesso modo non vengono azzerati dalla pandemia nemmeno i legami solidali, il pensiero critico, le lotte per il cambiamento.

Restate a casa è stato il mantra di questi giorni. Una frase all’apparenza semplice e ragionevole ma che già da sola basta a dischiudere una lunga serie di “ma”. Ma una casa non ce l’abbiamo, ma siamo reclusi dietro le sbarre di un carcere sovraffollato, ma siamo stipati in un cpr perché non in possesso di un documento, ma siamo costretti ad andare a lavorare per uno stipendio da fame, ma dentro casa subiamo abusi e violenze. Ma, ma.

A partire da questi “ma” si sviluppa la campagna di questi giorni della rete Non Una Di Meno, persone singole e realtà collettive che si sono messe in relazione dentro le lotte transfemministe* degli ultimi anni in Italia. #iorestoacasama è l’hashtag della mobilitazione virtuale lanciata negli scorsi giorni e che invita a inviare testi, foto o video che raccontino la propria condizione soggettiva di difficoltà nell’emergenza covid19, di crisi nella crisi. I canali social, nazionali e locali, di Nudm fanno da collettore e megafono di queste storie ma anche da snodo per scambi, confronti e azioni di mutuo soccorso. Obiettivo principale “rompere l’isolamento”.

Attenzione particolare viene data al tema della violenza contro le donne. Come raccontano i dati sui femminicidi e quelli sulla violenza domestica la maggior parte degli abusi sulle donne avvengono per mano di partner, ex partner o familiare. Mai come in questi giorni le mura di un’abitazione possono stringersi fino a opprimere chi è costretta a rimanerci in compagnia del proprio carnefice. Per questo sono diverse le iniziative in campo, la rete dei centri antiviolenza DiRe ha avviato una campagna in cui fornisce i numeri di telefono di supporto a livello territoriale e informa le donne che uscire di casa per cercare aiuto è un loro diritto. Ma non solo.

 

“Abbiamo chiesto un fondo ad hoc per l’emergenza coronavirus, perché i fondi ordinari servono a finanziare il minimo indispensabile dell’attività dei centri”, spiega Mariangela Zanni, consigliera D.i.Re per il Veneto. I fondi ordinari sono stati sbloccati il 2 aprile con un Decreto del Ministro delle Pari Opportunità ma solo il 7 aprile il  Parlamento con il supporto della Commissione femminicidio ha approvato all’unanimità gli emendamenti presentati dalla senatrice democratica Valente che richiedevano 3 milioni aggiuntivi da destinare ai centri anti-violenza. Non è ancora chiaro però come questi fondi verranno distribuiti.

“Per noi è fondamentale che i soldi arrivino direttamente dal Dipartimento Pari Opportunità ai centri, passare per le regioni è problematico perché crea delle asincronie che in questo momento non possiamo permetterci. Ad esempio la Lombardia devolve i fondi solo ai centri che condividono il codice fiscale delle donne nel sistema di raccolta dati ORA (Osservatorio regionale antiviolenza), cosa che i centri DiRe si sono rifiutati di fare per tutela della privacy” dice a il manifesto Antonella Veltri, presidente della rete.

Necessario e prezioso è il lavoro di Lucha y Siesta, la casa rifugio e centro culturale che occupa gli ex stabili Atac a Roma est. Lo spazio attivo da 12 anni, che ha subito di recente a persecuzione dell’amministrazione Raggi, ha prodotto, in collaborazione con l’artista Frad e con gli attivisti di Scup, una guida multilingue alla sicurezza informatica. Un opuscolo scaricabile in italiano, inglese, spagnolo, arabo, cinese, rumeno, francese e bangla, che spiega come usare la tecnologia per comunicare o chiedere aiuto anche dentro situazioni domestiche di controllo e abuso.

Un utilizzo alternativo della tecnologia è alla base anche del progetto “Fuoriclasse” portato avanti da Non Una Di Meno Milano e Roma con la collaborazione di Fridays For Future. L’idea è di produrre e diffondere in diretta Instagram delle pillole di didattica alternativa: approfondimenti culturali sui temi del femminismo e dell’ecologismo e una messa a disposizione orizzontale di conoscenze e competenze. Interessante anche la proposta di Non Una Di Meno Alessandria “Racconti senza stereotipi” che sta condividendo tramite youtube la lettura di racconti per l’infanzia che, in forme diverse, sovvertono gli stereotipi di genere dominanti.

La rete è anche lo strumento di diffusione di parole, musica e dibattiti via radio. «Già dall’8 marzo quando è stato chiaro che non avremmo potuto scioperare abbiamo iniziato a chiederci quali strumenti usare per non dover abbandonare lo spazio politico anche a partire dalle suggestioni di quei giorni, dove vigeva ancora una retorica abilista per la quale il virus colpiva solo le categorie vulnerabili, come se questo non fosse quasi stato un problema. Ci siamo chieste come potevano lottare ed essere presenti le persone impossibilitate a farlo con la presenza fisica. L’idea della radio è nata così» dice Marta di Non Una Di Meno Milano a proposito di Radio pirata, un programma radiofonico transfemminista nato nei giorni del lockdown.

Di seguito pubblichiamo l’inizio del documento politico diffuso da Non Una Di Meno in questi giorni, in cui si esprimono punti di vista e richieste al governo ma anche programmi di lotta e visioni future di un mondo che, oggi come non mai, sembra tutto da rifare.

 

«Come Non Una Di Meno sentiamo l’urgenza di una presa di posizione femminista e transfemminista sull’attuale crisi globale, non solo per analizzare l’emergenza nella quale ci troviamo, ma anche come punto di partenza collettivo: le trame che intessiamo oggi avranno effetti sulla riorganizzazione sociale che cominciamo a intravedere e sul futuro che vogliamo.
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