«Il 2023 è l’anno dell’autonomia differenziata. Sono fantasie di qualche giornalista dire che non sarà approvata prima delle elezioni europee». Matteo Salvini parla a un comizio elettorale a Treviso, dove domenica prossima si vota. Considera la legge Calderoli un potente argomento di propaganda. Oggi come promessa e nella primavera prossima, si augura, come fatto realizzato. La Lega non intende mettere sul binario lento la “sua” legge, in attesa che prenda forma il progetto di riscrittura costituzionale di Meloni. E così il vice presidente del Consiglio, che martedì mostrava insofferenza al tavolo delle consultazioni sulle riforme quando Schlein ha posto la condizione di fermare la corsa di Calderoli per avviare il dialogo, non parla tanto agli elettori triestini, quanto agli alleati. Leva ogni dubbio il vicepresidente del senato, ex ministro leghista, Gian Marco Centinaio: «La maggioranza ha stretto un accordo sull’autonomia differenziata e i patti si rispettano».

Altro che «clima collaborativo» tra alleati, come racconta il braccio destro di Meloni, il sottosegretario Fazzolari. Svelando però, un attimo dopo, il piano della presidente del Consiglio che non piace per niente a Salvini. Autonomia differenziata e riforme costituzionali, dice il sottosegretario al Corriere della Sera, «sono due percorsi complessi che cercheremo di portare avanti nel minor tempo possibile». Eh no, Calderoli non pensa questo. La legge che ha firmato – e l’ha firmata lui solo per il governo – è legge ordinaria, già scritta e depositata: dire che dovrà procedere di pari passo con una riforma costituzionale tutta da inventare e che, poi, avrà i tempi lunghi delle modifiche della Carta, quattro letture, significa azzopparla.

Il nervosismo leghista è motivato. Perché nella commissione affari costituzionali del senato dove si dovrebbe discutere la legge Calderoli, il presidente Alberto Balboni, di Fratelli d’Italia, si sta dimostrando cauto nei ritmi e disponibile verso le richieste dell’opposizione. Mercoledì è scaduto il termine per i gruppi per proporre i nomi di costituzionalisti, ma anche economisti, rappresentanti degli enti locali e sindacalisti, da convocare in audizione. Le opposizioni si sono coordinate e hanno preparato un elenco di 24 nomi, il che significa che ci saranno in totale una cinquantina di esperti da far sfilare davanti ai componenti della commissione. Servirà circa un mese di sedute. Ma raccolte le richieste di tutti, invece che fissare il calendario per partire al più presto, Balboni ha accolto la richiesta del capogruppo del Pd Giorgis per una messa a punto condivisa dell’elenco definitivo degli esperti. Richiesta di buon senso per evitare che resti fuori qualche nome importante. Che però ha comportato la convocazione di un ulteriore ufficio di presidenza della commissione, martedì prossimo, e sposterà di una settimana le prime audizioni.

La Lega mastica amaro. Mentre il presidente Balboni ha aperto alle opposizioni anche su un’altra richiesta: quella di coordinare l’esame del disegno di legge Calderoli con la proposta di legge di iniziativa parlamentare contro l’autonomia differenziata che ha raggiunto le 50mila firme necessarie – anzi, notizia di ieri, veleggia verso il doppio esatto di sottoscrizioni – e che non è ancora ufficialmente arrivata in senato. Per di più si tratta di una proposta di legge costituzionale, quindi i regolamenti impediscono l’esame congiunto con un disegno di legge ordinario, qual è quello Calderoli. Ma Balboni ha prospettato un esame in parallelo dei due testi in qualche modo alternativi. Cosa che però, teme la Lega, rallenterà ulteriormente i lavori.

A questo punto le probabilità che prima dell’estate la commissione del senato voti l’autonomia differenziata sono poche. Siamo in prima lettura per cui quello di Salvini – «il 2023 è l’anno dell’autonomia» – resta un wishful thinking. «Stiamo procedendo anche più veloce del previsto, per la fine della legislatura il nostro sarà uno stato federale», aggiunge il vice premier. Un incubo. Per fortuna ancora lontano.