La Borsa scende, lo spread sale. Onorevole Stefano Fassina (Leu, ndr), un governo M5S-Lega ci mette in pericolo?

Vedremo. Al di là dei singoli punti di programma, c’è una questione di fondo. Come fu per la Grecia dopo la vittoria di Syriza, l’obiettivo degli interessi più forti è affermare che non c’è alternativa all’ordine dominante.

L’Ue teme i giallo-verdi?

Gli interrogativi e le preoccupazioni sono legittimi. Ma a Bruxelles non ci sono gli eurocrati o i burocrati. Lì vengono rappresentati interessi. Che traggono vantaggio dall’attuale ordine europeo.

Gli altolà Ue hanno causato un effetto boomerang nel referendum greco e nella Brexit. Oggi con l’Italia rischiano di fare lo stesso effetto?
Sì, quest’offensiva rischia di affermare un bipolarismo establishment-antiestablishment. Noi, la sinistra, non dobbiamo farci schiacciare. Non avremmo più prospettive. L’alternativa al questo bipolarismo è la nostra Costituzione.

La cancellazione del debito è una bestemmia o un’inutile petizione di principio?

Dei debiti stanno discutendo la Bce, la Commissione europea e le cancellerie europee. E cioè di come si affronta l’enorme quantità di titoli dei debiti pubblici, oltre 1500 miliardi, in pancia alla Bce in conseguenza al Quantitative easing. Fra le ipotesi c’è anche la sterilizzazione di quei titoli. È evidente che la fine del Qe non può essere lasciata agli attuali meccanismi di mercato.

Lei ha twittato: «Il voto conta». Ma se i votati fanno proposte sbagliate, o fesserie, nessuno è legittimato a criticarli?

Per carità, certo. Il voto non è «tana libera tutti». C’è un quadro di regole e di rapporti di forza da tener presente, innanzitutto la nostra Costituzione che indica come principi la solidarietà, la dignità del lavoro, l’eguaglianza.

E il rispetto dei trattati.

Ma condiziona i trattati alla coerenza con la Carta.

In Europa le dittature sono iniziate con un voto democratico.

Ripeto. Il voto non dà carta bianca. Ma la reazione di queste ore porta dritti ai governi alla Monti, che pretendono di bypassare la legittimazione democratica. Ma non giriamoci intorno. M5S e Lega hanno raccolto le domande di chi è colpito dal quadro dato. Noi, la sinistra, siamo interessati a dare risposte progressive a queste domande o no?
Lega e M5S danno risposte per lo più di destra.
La revisione della legge Fornero, una politica di investimenti pubblici, il contrasto alla povertà non sono di sinistra?

La stretta sui migranti e la flat tax di certo no.

La flat tax mi pare sparita. Sui migranti, su posizioni inaccettabili non faremo sconti. Non sto dicendo che il loro sarà il governo che sognavamo. Ma chi li attacca oggi è per lo più per la conservazione. Noi, da forza che non fa parte di quel perimetro, dobbiamo riconoscere, se arriveranno, le misure che affrontano gli interessi che noi, la sinistra, non abbiamo rappresentato.

Sta consigliando alla sinistra di schierarsi con Lega e M5S?

No. La sinistra semmai corre il rischio opposto, quello di essere risucchiata e inclusa fra quelli che difendono l’attuale Ue, anche perché l’hanno costruita.

Parla del Pd, cioè di anche di sé fino a poco tempo fa?

Parlo dei socialisti dell’ultimo quarto di secolo.

«L’euro non è irreversibile». Lei è d’accordo?

In Germania c’è un dibattito serrato. Fra le proposte del governo c’è l’introduzione nei trattati di una clausola per uscirne.

Non proposta dalla sinistra.

Nel documento M5S-Lega c’è la proposta di Stiglitz sul «divorzio amichevole».

Molti dei suoi compagni pensano che senza l’euro i ceti deboli sarebbero ancora più deboli.

L’uscita dall’euro non è in discussione. Segnalo però che mercato unico e moneta unica gestiti lungo l’asse mercantilista tedesco hanno colpito classi medie e lavoro. Sono profondamente europeista ma anche realista: non ci sono le fondamenta storiche per sperare nelle revisioni progressive dei trattati. Guardiamo in faccia la realtà. La bussola è il patriottismo costituzionale: il primato della nostra Carta sui trattati europei.

Lei è un sovranista di sinistra? Un ’rosso-bruno’?

Chi mi definisce così mette in atto un tentativo di discredito per non fare i conti con la realtà. Faccio notare che la rivista dell’Anpi, cioè dei partigiani italiani, si chiama Patria indipendente. Purtroppo la deriva cosmopolita di parte della sinistra considera una parolaccia l’interesse nazionale.

La sinistra non è cosmopolita. È internazionalista.

Purtroppo non è sempre così. E dà del rossobruno a chiunque si azzarda a fare un riferimento all’interesse nazionale.

Che opposizione farà Leu?

Di merito. Senza sconti, ma disponibile alle iniziative su lavoro, pensioni e contrasto alla povertà che vanno nella nostra stessa direzione.