Anche le milizie jihadiste di Al Shabaab cercano di dire la loro nella crisi politica e nella possibile guerra civile che sta affliggendo la Somalia e in modo particolare la capitale, Mogadiscio.

Divisa dalle occupazioni di alcuni quartieri di questi giorni, dopo gli scontri che hanno visto contrapposte le forze lealiste al presidente Mohamed Abdullahi Mohamed, noto come Farmajo, e le milizie armate dei leader delle opposizioni, ieri Mogadiscio ha tremato di nuovo.

In tarda mattinata un’auto-bomba, lanciata a tutta velocità contro il quartier generale della polizia di Mogadiscio, ha tentato di forzare il posto di blocco per entrare nel complesso delle forze di sicurezza.

«Un attentatore suicida, a bordo di un veicolo imbottito di esplosivo, è stato bloccato dal fuoco delle nostre forze e si è fatto esplodere causando la morte di sette poliziotti, il ferimento di altre 12 persone e causando ingenti danni all’edificio», hanno comunicato le autorità governative all’Afp.

Nel comunicato di rivendicazione Abdiasis Abu Musab, portavoce di al-Shabaab, ha «incitato i fedeli a riprendere la lotta per cacciare definitivamente il presidente dell’occidente Farmajo e ricreare un califfato in Somalia». Il gruppo jihadista, affiliato ad Al Qaeda, sta sfruttando la progressiva instabilità politica per riaffermare la sua presenza in aree della Somalia centrale e della capitale, dopo esserne stato cacciato nel 2011.

Da oltre 10 anni il gruppo colpisce regolarmente obiettivi militari e civili nella capitale, con attentati e auto-bomba, proprio con l’obiettivo di riaffermare la «propria costante presenza». Solo una settimana fa, jihadisti hanno sparato colpi di mortaio contro il palazzo presidenziale, uccidendo tre militari.

Le Nazioni unite hanno riferito che «tra le 60 e le 100mila persone sono fuggite dalla capitale in questi giorni» e hanno esortato il presidente Farmajo a ritornare sui propri passi riguardo «al prolungamento del suo mandato per altri due anni», votato contro il parere contrario delle opposizioni, dalla sola camera bassa del parlamento.

L’emissario Onu per la Somalia, James Swan, ha recentemente sollecitato il presidente a indire nuove elezioni, visto che è forte «il rischio di implosione per la Somalia, a causa della minaccia jihadista e delle spinte indipendentiste dei diversi stati regionali».

Proprio a causa dell’aggravarsi della crisi, dopo gli scontri armati di questi giorni e dopo che tutti gli Stati confederali (Puntaland, Jubaland, Galmudug e Hirshabelle) hanno ufficialmente respinto «l’estensione del mandato presidenziale e chiesto elezioni», Farmajo sembra aprire uno spiraglio nella crisi.

«Come ho sempre ripetuto, sono pronto alla riapertura del dialogo con tutte le forze politiche e regionali per l’organizzazione di elezioni pacifiche e tempestive nel paese», ha dichiarato in un comunicato ufficiale ieri, concedendo di fatto una vittoria alle opposizioni.