Il giorno dopo il fermo di sei presunti terroristi islamici, già rilasciati nel pomeriggio di ieri, non c’è alcuna traccia dell’attentato «sventato» domenica durante la mezza-maratona di Berlino. Nessun sequestro di armi, zero ritrovamenti di esplosivo, niente prove certe dell’imminente piano di attacco svelato dal quotidiano Die Welt e ripreso dai media di tutto il mondo.

Secondo le forze dell’ordine «in ogni caso era giusto agire, anche al minimo sospetto e correndo dei rischi» è la difesa d’ufficio di Benjamin Jendro, portavoce del sindacato di polizia, mentre il ministro degli interni del Land, Andreas Geisel (Spd), si premura di coprire così l’intera operazione: «Si è trattato di una decisione assolutamente ragionevole: in caso di dubbio, si tratta pur sempre della sicurezza di residenti e turisti di Berlino».

Misura obbligata dunque, e intervento scattato in seguito alle informative dei servizi d’intelligence che pedinavano i presunti jihadisti (tutti tra i 18 e i 21 anni) da settimane. Ma anche elementi poco sussistenti di fronte all’accusa, tanto che i «terroristi» sono stati rimessi in libertà. Per adesso, non sussiste alcuna imputazione a carico neppure per il giovane sospettato di avere stretto contatti con la rete collegata ad Anis Amri, l’autore della strage al mercatino di Natale di Charlottenburg.

Troppo labile la pista inseguita dagli investigatori, e assai generica l’indicazione dell’obiettivo da parte degli agenti sotto copertura, allarmati per «il rischio di attacco a un evento sportivo con decine di migliaia di partecipanti». È certo il caso della mezza-maratona di Berlino che domenica ha fatto scendere in strada 37mila concorrenti e migliaia di spettatori, ma corrisponde anche all’imminente Gran premio di Formula-E previsto a maggio, o al campionato europeo di atletica leggera in programma in estate.