Ha avuto vita breve, meno di 24 ore, il tentato colpo di stato delle milizie islamiste agli ordini di Khalifa al Ghwell contro il governo di Tripoli sostenuto dall’Onu. Un flop di cui gli abitanti della capitale non si sono neppure resi conto, tanto è stato inconsistente il “golpe”. Al Ghwell, ex premier del governo di salvezza nazionale che ad aprile aveva passato i poteri a Fayez al Sarraj, venerdì notte assieme ad Awad Abdul Saddeq, vice primo ministro del vecchio Congresso nazionale generale (Gnc), Ali Ramali, ex capo della sua guardia presidenziale, e un numero ignoto di miliziani armati, hanno occupato l’hotel Rixos, alcuni edifici governativi e una stazione tv da dove hanno annunciato una «iniziativa storica per salvare la Libia». Hanno detto di essere pronti a rovesciare al Sarraj, accusato di minare l’unità nazionale e di essere una pedina delle potenze straniere. Al Ghwell ha quindi invitato, invano, Abdullah al Thinni, capo del governo di Tobruk, a unirsi a lui per formare un esecutivo di unità nazionale. Il tentativo però è fallito nel giro di poche ore. Non ci sono state le sollevazioni degli apparati militari e delle milizie che i golpisti si attendevano e il controllo è stata ripresa senza grandi pronlemi dalle forze di Sarraj che ha ordinato l’arresto di al Ghwell e degli altri protagonisti del fallito colpo di stato.

«Il golpe, o meglio il bluff degli islamisti è fallito – ha commentato ieri con ironia Ahmed Wali, consigliere della municipalità di Tripoli – La situazione nella capitale è calma, non sappiamo dove si trovi Khalifa al Ghwell, forse è fuggito da Tripoli». Pare che alla base del tentato “colpo di stato” ci sia il mancato pagamento della milizia a cui si è appoggiato al Ghwell che non veniva più retribuita dal governo intenzionato a sostituirla. L’accaduto in ogni caso ha generato allarme nelle capitali occidentali che con più decisione sostengono al Sarraj. L’inviato Onu per la Libia, Martin Kobler, ha duramente condannato il golpe. La “ministra degli esteri” dell’Ue, Federica Mogherini ha spiegato che «È cruciale che tutte le parti coinvolte lavorino insieme per sostenere l’applicazione dell’accordo politico raggiunto e per sviluppare un processo democratico in cui tutte le parti possano essere rappresentate». Meno interesse ha suscitato il mancato golpe nel mondo arabo dove i media locali hanno dedicato uno spazio minimo alle notizie dalla Libia.

Il mancato putsch ha evidenziato la debolezza di al Sarraj, già boicottato dal governo parallelo di Tobruk e dal potente generale a capo delle forze armate, Khalifa Haftar, che il mese scorso, con la benedizione degli alleati egiziani, ha occupato la zona della Mezzaluna petrolifera sottraendola al controllo di una milizia fedele a Tripoli. Aguila Saleh, falco della Camera dei Rappresentanti di Tobruk, ripete che l’opposizione al Governo di Accordo Nazionale (Gna) di Tripoli è motivata dalla sfiducia in al Sarraj che non ha la legittimità per guidare il Paese perché non è stato eletto dal popolo. La distanza tra i due governi, che danneggia di più quello sostenuto dall’Onu, si è ulteriomente allargata dopo la conquista dei giacimenti dalle truppe agli ordini di Haftar. E per al Sarraj non è stato un buon segnale la conferenza internazionale che si è tenuta ad inizio del mese a Parigi, alla quale non è stato invitato nessun esponente del governo di Tripoli avvalorando l’impressione di una apertura indiretta al dialogo con Haftar e l’esecutivo di Tobruk.

Anche la mancata vittoria definitiva dell’esercito agli ordini di Sarraj sulle milizie dell’Isis a Sirte, dove si continua a combattere e a morire, ha contribuito ad accrescere lo scetticismo occidentale verso le capacità del primo ministro sponsorizzato dall’Onu e la reale autorità del governo di Tripoli. Si sta facendo strada l’idea di una integrazione di Haftar nel sistema di potere libico, indispensabile per realizzare una vera unità nazionale e riparare al dissesto dell’economia. Il Pil libico è in picchiata ed è opinione diffusa, a cominciare da quella della Banca Mondiale, che l’economia non tornerà a crescere senza l’attuazione di una politica seria e incisiva sull’intero territorio nazionale.