«Life sentence without hope». La decisione del «referral» della Corte europea dei diritti dell’uomo, attesa per oggi, sulla leicità o meno dell’ergastolo ostativo ruota tutta attorno a questo concetto. Il gruppo di giudici che fa da filtro alla Grande Chambre dovrà decidere se le norme 4-bis e 58-ter dell’ordinamento penitenziario italiano – che impediscono all’ergastolano di fruire della liberazione condizionale, delle misure alternative e degli altri benefici penitenziari quando non abbia mai dato prova di resipiscenza e non abbia collaborato con la giustizia – equivalgono o meno a «condanna a vita senza speranza».

Se decideranno di sì, ritenendolo un trattamento inumano e degradante che viola l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani, convalideranno la sentenza della sezione della Cedu che il 13 giugno scorso ha dato ragione ad un capo mafia, Marcello Viola, nel suo ricorso contro lo Stato italiano per la condanna all’ergastolo con due anni e due mesi di isolamento diurno inflittagli. In caso contrario, se saranno ammesse le argomentazioni del governo italiano che ha fatto ricorso contro la decisione di Strasburgo, la parola passerà alla Grande Chambre che si pronuncerà nei prossimi mesi.

Lo Stato italiano, con un’unica voce o quasi (la Commissione antimafia, il governo attuale come quello precedente, la maggioranza, le opposizioni politiche e perfino Leu), spera che l’organo massimo della Cedu tenga conto della «specificità tutta italiana», come dice il capogruppo di Liberi e Uguali alla Camera, Federico Fornaro, sottolineando «la storica presenza invasiva delle organizzazioni mafiose» sul nostro territorio. Nel suo ricorso, a giugno, il governo italiano ha sostenuto che «la speranza» non viene del tutto sottratta al condannato perché essa risiede nella possibilità di ravvedersi dei propri crimini e di collaborare per lo smantellamento dei clan.

Ma Strasburgo ha giudicato questa opportunità non sufficiente, perché la rottura con l’ambiente mafioso «può essere espressa in modo diverso rispetto alla collaborazione con la giustizia e all’automatismo legislativo attualmente in vigore». Sarebbe quindi compito del giudice naturale decidere caso per caso, secondo il punto di vista della Corte europea che, evidenziando la problematicità strutturale italiana, ha invitato Roma a riformare il regime dell’ergastolo in modo da garantire la possibilità di una revisione della pena.

«La posizione dell’Italia è chiara – ha ribadito anche ieri il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede -: l’ergastolo ostativo rappresenta un caposaldo nella lotta alla mafia e alla criminalità organizzata». «L’Europa continua a mostrare indifferenza per le mafie salvo poi sdegnarsi per stragi al di fuori dei confini italiani come Duisburg», è la critica avanzata dal presidente della commissione antimafia Antimafia, Nicola Morra, che vorrebbe invece vedere «la nostra legislazione antimafia recepita da altri ordinamenti nazionali, in attesa di una normativa europea contro la mafia».

Il senatore pentastellato, sulla scia di quanto già affermato dal suo leader politico, Luigi Di Maio, teme che bocciando l’ergastolo ostativo «si delegittimi il 41 bis, che è un regime carcerario che impedisce al detenuto di continuare a relazionarsi con l’organizzazione di cui era parte». Altri, nel M5S, hanno poi paventato l’ipotesi che in caso di bocciatura da parte della Cedu, «si aprirebbe alla paradossale possibilità, per i 957 mafiosi attualmente sottoposti all’ergastolo ostativo, di avanzare ingenti pretese risarcitorie nei confronti dello Stato italiano».

Uniche voci dissonanti rispetto al coro sono quelle degli avvocati penalisti e dei Radicali, oltre alle associazioni che si occupano dei diritti dei detenuti. Per Giandomenico Caiazza, presidente dell’Unione delle Camere penali, «l’ergastolo ostativo è palesemente incostituzionale e in evidente contrasto con il principio della finalità rieducativa della pena. Si tratta di abbattere il principio che non si possa accedere ad alcune misure, ma non è che abolendo l’ostatività automaticamente il mafioso avrebbe il permesso. È sempre il tribunale di sorveglianza chiamato a valutare se ci sono le condizioni per concedere la misura».

Mentre il Partito radicale avverte: «I diritti umani non sono negoziabili. Chiunque vuole l’Italia fuori dal sistema della loro tutela vuole riportare il Pese al medioevo, alla barbarie». La parola passa ora alla Cedu, e il 22 ottobre prossimo sarà la volta della Corte costituzionale. L’ergastolo in Italia potrebbe avere le ore contate.